mercoledì 25 maggio 2016
lunedì 23 maggio 2016
Le proprietà benefiche dei peperoni
Le proprietà benefiche dei peperoni
Famiglia delle Solanacee, genere Capsicum, che comprende peperone e peperoncino, varietà capsicum annuum, la più coltivata; in linguaggio comune, il peperone. Giallo, verde, rosso, fin dai colori è un’esplosione di estate, sole e calore; infatti è un tipico ortaggio estivo, e per quanto ormai sia diffuso negli orti e nelle coltivazioni di tutto il mondo, dalla Cina, all’Italia, al Perù, i piatti e le ricette che lo ricordano di più hanno una chiara impronta meridionale. Dalla peperonata siciliana al gazpacho spagnolo, alle fajitas messicane, il peperone sa di caldo, di vacanze, di sole.
Del resto, per quanto detto precedentemente, è diffuso ovunque, la sua origine è l’America del sud; venne importato in Europa insieme ad altri frutti e ortaggi che prima del sedicesimo secolo erano del tutto sconosciuti nel vecchio continente. Si ritiene che la sua area primitiva di origine potrebbe essere il Brasile, ma all’arrivo dei conquistatori era già diffuso anche in America centrale, in moltissime varietà.
La pianta predilige climi caldi e necessita di terreni molto fertili, la semina avviene a fine febbraio (a meno che non si vogliano ottenere raccolte extrastagionali) e i frutti, le bacche della pianta, arrivano sui banchi dei mercati in estate. In tantissime varietà: infatti non solo i colori, giallo o rosso (i peperoni verdi, in realtà, sono bacche non ancora mature), sono una discriminante, ma anche la forma, il sapore, la grandezza.
Una prima differenziazione fra cultivar riguarda la separazione tra frutto dolce e piccante. Quello normalmente usato in cucina è il primo; il secondo in genere viene essiccato, a volte polverizzato, ed è usato principalmente come condimento. Ha la particolarità di contenere ancora più vitamine del suo omologo dal sapore più lieve, che già ne è ricco, come approfondiremo più avanti. Se si ragiona in termini di conformazione, il peperone può essere di forma quadrangolare, allungata e troncata. Del primo tipo sono noti il giallo e il rosso dolce di Nocera, il giallo e il rosso quadrato d’Asti, il braidese, il giallo San Valentino, il California wonder, il peperone pomodoro; del secondo, il Marconi, il lungo di Chiasso, il Corno di Toro o il Toro di Spagna, il peperone a sigaretta; del terzo, fanno parte anche varietà usate principalmente per i sottaceti, come il piccolo del Veneto e di Firenze e il quarantino d’Asti. Discorso a parte per i friarielli, come vengono chiamati in Campania, o friggitelli, secondo il loro nome romano: sono verdi, quindi come tutti i peperoni di questo colore, sono colti non ancora maturi, sono piccoli come peperoncini ma non sono piccanti, anzi. In genere vengono preparati alla griglia con la semplice aggiunta di sale. Per quanto riguarda le difficoltà di digestione legate a quest’ortaggio, molti riescono a limitare il problema togliendo la pellicola che lo ricopre, considerata la buccia; vanno eliminati anche i semi.
I peperoni in cucina
Crudo, in pinzimonio o nel gazpacho; cotto, dalla bagna cauda alla peperonata; internazionale, dalle fajitas alla ratatouille. Il peperone è estremamente versatile, può essere cucinato con molte tecniche o può non essere cucinato affatto, e consumato sott’aceto o crudo a listarelle, insaporito con olio, pepe e sale. L’importante, al momento dell’acquisto, è controllare che i frutti siano sodi, senza grinze e ammaccature, e che abbiano il picciolo. In frigorifero resistono per qualche giorno, in genere non più di quattro.
Se la bagna cauda è un tipico piatto piemontese, e vede i peperoni come semplici ingredienti di una ricetta ricca di componenti e complessa, la peperonata invece è targata Italia del sud e già dal nome è facile immaginare che qui i peperoni sono protagonisti assoluti, cotti in padella con olio evo, pomodoro, cipolle, aglio. La sicilianissima caponata, a base di melanzane, ha molte varianti locali, alcune che prevedono i peperoni ed altre no; ma sono sempre siciliani i peperoni con la mollica, una delle declinazioni più gustose che questi prodotti possano avere. Come altre verdure, i peperoni possono essere preparati ripieni. Se non si tollera la buccia, il modo più veloce per eliminarla è cuocere i peperoni alla griglia: sarà estremamente facile staccare la pellicola che li ricopre.
Per quanto riguarda le ricette internazionali, tra le più note c’è il gazpacho, una zuppa fredda spagnola (nello specifico, originaria dell’Andalusia) preparata frullando insieme ingredienti crudi come pomodori e peperoni (da entrambi vanno eliminati i semi), cetrioli, cipolla e aglio, e aggiungendo olio, sale e pepe. Successivamente, al composto passato al setaccio, si aggiunge mollica di pane raffermo insaporita con aceto. La zuppa va poi fatta raffreddare in frigorifero. Spostandosi in America, è tipicamente messicana la ricetta delle fajitas, carne di manzo o pollo piccante accompagnata da peperoni e servita generalmente su tortillas di mais che la avvolgono. Dai peperoni si ricava inoltre una spezia usata in moltissime preparazioni, sia dolce al naturale sia resa più piccante, cioè la paprika.
Proprietà salutari
La notevole presenza di vitamina C, di cui il peperone è più ricco anche rispetto agli agrumi (se lasciato crudo), ne fa un prodotto con caratteristiche salutari di vario tipo, in primo luogo antiossidanti: in effetti il peperone è la bacca che contiene, rispetto al peso, più vitamina C. Ma è molto rilevante anche la presenza di betacarotene, soprattutto nei peperoni rossi; e il frutto contiene anche varie vitamine del gruppo B. Oltre alle vitamine, sono presenti molti sali minerali, principalmente potassio, ma anche ferro, magnesio, calcio.
La notevole quantità di acqua e fibra determina un potenziale, lieve, effetto lassativo; le poche calorie ne fanno un cibo consigliato in caso di diete ipocaloriche. A differenza del peperoncino, ricco di capsaicina, il peperone contiene soprattutto una sostanza chiamata diidro capsiato. Notoriamente, il peperone può creare qualche difficoltà di digestione; per questo motivo è sconsigliato a chi ha problemi gastrici, soprattutto se persistono nonostante l’eliminazione della buccia, cioè della pellicola che riveste il frutto.
fonte : www.benessere.com
mercoledì 18 maggio 2016
Come si prolunga la qualità dei prodotti alimentari?
Come si prolunga la qualità dei prodotti alimentari?
Prolungare la qualità percepita di un alimento, rallentando le reazioni di degradazione che naturalmente avvengono durante la "vita di scaffale" è il principale scopo del confezionamento in atmosfera protettiva: una tecnica di conservazione alimentare complessa, che implica l'elaborazione di informazioni diverse e che consiste nel sostituire l'aria a contatto con l'alimento, con una miscela di gas diversi - principalmente anidride carbonica, ossigeno e azoto - per evitare la formazione di sapori e odori sgradevoli nel prodotto confezionato.
La composizione della miscela di gas aggiunti può variare in base alle caratteristiche chimico fisiche dell'alimento e dalla microflora presente e, non meno importante, dalla permeabilità che contraddistingue il materiale di cui è composto l'imballaggio, solitamente un polimero plastico in grado di rendere minimo lo scambio di gas con l'ambiente esterno. L'anidride carbonica infatti inibisce i processi di respirazione (nei vegetali), rallentando la maturazione e i danni provocati dal freddo, soprattutto alle basse temperature; l'ossigeno viene spesso rimosso perché è la principale causa di degradazione, ma nelle carni viene invece utilizzato in minima parte perché conserva il caratteristico colore rosso, agendo sulla mioglobina; l'azoto invece tende a rallentare l'azione di molti enzimi degradativi delle principali componenti dell'alimento (proteine, grassi e carboidrati).
Comunemente si confezionano in atmosfera protettiva formaggi, ortaggi e pasta fresca, prodotti da forno, pesce, carni e loro derivati, ognuno con una diversa miscela gassosa.
Indicativamente: nei formaggi vengono per lo più usati CO2 e N2 per preservare il gusto e l'odore; per i prodotti da forno le miscele sono a base di CO2 (fra il 20 e il 50%) e N2 (fra 80-50%); nelle carni, per rallentare il deperimento e l'imbrunimento, si prediligono miscele di CO2 (20-40%) e O2(60-80%); nella pasta fresca infine, basse concentrazioni di O2 sono indicate per bloccare lo sviluppo di possibili microrganismi contaminanti e la proliferazione di muffe.
Per informazione e tutela del consumatore, la legislazione europea prevede obbligatoriamente, per gli alimenti confezionati con gas d'imballaggio, la dicitura "confezionato in atmosfera protettiva"; i gas inoltre devono essere caratterizzati da un'elevata purezza e avere le stesse garanzie igieniche e di rintracciabilità di qualsiasi sostanza che venga usata per la preparazione di un alimento.
lunedì 16 maggio 2016
La somministrazione di probiotici riduce il rischio di diabete di tipo 1
La somministrazione di probiotici riduce il rischio di diabete di tipo 1
Il diabete mellito di tipo 1 (Dm1), noto anche come "diabete giovanile" essendo caratteristico del periodo dell'infanzia, è considerato una malattia autoimmune, in quanto causato dalla produzione di anticorpi che distruggono le cellule beta pancreatiche, deputate alla produzione di insulina. A livello genetico sono presenti dei marcatori, come gli alleli Hla Dre DQ, che possono indicare un aumento del rischio di sviluppare Dm1, quando presenti in maniera identica a quelli di un membro della famiglia affetto da tale patologia. Un recente studio, denominato Teddy, ha esaminato l'associazione esistente tra il consumo di probiotici durante il primo anno di vita e il rischio di sviluppare immunità verso le cellule beta. Si tratta di uno studio prospettico di coorte che ha preso in esame per più di 10 anni circa 7400 bambini a elevato rischio di sviluppare Dm1, provenienti da 6 centri clinici (3 negli Stati Uniti e 3 in Europa). I soggetti hanno assunto probiotici, principalmente Lactobacillus e Bifidobacterium, in alimenti fortificati per lattanti o come supplementi, prima del primo mese di età, tra 1 e 3 mesi o tra 3 e 12 mesi. Ogni 3 mesi sono stati prelevati campioni di sangue per valutare la presenza di anticorpi contro le cellule beta. I risultati hanno dimostrato come l'introduzione precoce dei probiotici abbia un effetto positivo soprattutto negli infanti di età inferiore a 3 mesi. Nello specifico, si è riscontrata una maggiore efficacia nei bambini sotto 1 mese (Hr, 0.63, p=0.022) e tra 1 e 3 mesi di età (Hr, 0.73, p= 0.097) rispetto ai bambini che non avevano mai assunto probiotici. Secondo gli autori, l'utilizzo di probiotici migliorerebbe la maturità della barriera intestinale, soprattutto nei primi 3 mesi di vita nei quali l'intestino è ancora vulnerabile, preparandolo al meglio per affrontare gli insulti esterni, e non innescando una risposta autoimmune avversa. D'altro canto, dopo circa 3 mesi di età si ha una naturale maturazione della parete intestinale, che potrebbe spiegare l'assenza di associazione tra l'assunzione di probiotici e l'autoimmunità delle cellule nei bambini di età compresa tra 3 e 12 mesi tra (Hr, 1.14; p=0.4). In conclusione, dai primi dati che emergono dallo studio Teddy si evidenzia un effetto benefico dei probiotici nella prevenzione dell'insorgenza del Dm1, soprattutto se questi vengono somministrati nei primi 3 mesi di vita, anche se questi risultati devono essere confermati in ulteriori studi prima di raccomandarne l'uso per la prevenzione del Dm1.
Per approfondimenti:
JAMA Pediatr. 2016;170(1):20-28. doi:10.1001/jamapediatrics.2015.2757.
JAMA Pediatr. 2016;170(1):11. doi:10.1001/jamapediatrics.2015.3246.
venerdì 13 maggio 2016
Effetti della dieta a basso indice glicemico sugli adolescenti...
Effetti della dieta a basso indice glicemico sugli adolescenti
Gli effetti del consumo di alimenti, classificati secondo il loro indice glicemico dietetico (Gi), sulla resistenza all'insulina sono ben documentati negli adulti, mentre sono meno frequenti gli studi che valutano la complessa interazione tra intolleranza al glucosio, marker infiammatori, e la concentrazione di adipochine tra gli adolescenti. Questo studio iraniano ha preso in esame 50 ragazze adolescenti obese e in sovrappeso con lo stesso stato puberale, valutando l'effetto di una dieta a basso indice glicemico sulla concentrazione di insulina, glicemia a digiuno, marcatori infiammatori, e concentrazione di adiponectina nel plasma. In parallelo si sono analizzate 2 diverse diete, una dieta Low Glycemic Index e una dieta costruita secondo le moderne raccomandazioni nutrizionali; entrambi i regimi alimentari prevedevano analoga composizione di macronutrienti. Secondo una valutazione dietetica, l'indice glicemico nel gruppo low era 43.22 ± 0,54. La dieta è durata 10 settimane e il protocollo ha messo a confronto nei due gruppi i marcatori biochimici della glicemia, la concentrazione di insulina sierica, proteina C-reattiva ad alta sensibilità (hs-Crp), interleuchina 6 (IL-6), e adiponectina, prima dell'inizio e dopo 10 settimane. Le concentrazione di insulina sierica, i due metodi di valutazione indiretta per valutare l'insulinoresistenza, l'indice Homa e l'indice Quicki, e la concentrazione di adiponectina non differivano significativamente all'interno dei due gruppi. Nel gruppo che ha mantenuto basso l'indice glicemico hs-Crp e IL-6 sono diminuite significativamente dopo le 10 settimane di intervento, anche se, dopo aggiustamento per fattori confondenti, confrontando le variazioni percentuali, lo studio conclude attribuendo una marginale diminuzione significativa dell'hs-Crp nel gruppo Low Glycemic Index. Conclusione: un regime alimentare basato su un basso indice glicemico può avere effetti favorevoli sulla infiammazione anche tra le adolescenti in sovrappeso e obese.
Approfondimenti:
Rouhani MH, Kelishadi R, Hashemipour M, Esmaillzadeh A, Surkan PJ, Keshavarz A, Azadbakht L. The Impact of a Low Glycemic Index Diet on Inflammatory Markers and Serum Adiponectin Concentration in Adolescent Overweight and Obese Girls: A Randomized Clinical Trial. Horm Metab Res. 2016 Apr;48(4):251-256.
Approfondimenti:
Rouhani MH, Kelishadi R, Hashemipour M, Esmaillzadeh A, Surkan PJ, Keshavarz A, Azadbakht L. The Impact of a Low Glycemic Index Diet on Inflammatory Markers and Serum Adiponectin Concentration in Adolescent Overweight and Obese Girls: A Randomized Clinical Trial. Horm Metab Res. 2016 Apr;48(4):251-256.
fonte www.nutrizione33.it
giovedì 12 maggio 2016
Il consumo di cibi dolci aumenta il rischio di depressione
Il consumo di cibi dolci aumenta il rischio di depressione
Contrariamente a quanto ritenuto finora, il consumo di bevande zuccherate, cibi raffinati e dolci sembra essere associato a un aumentato rischio di sviluppare la depressione. Ciò è quanto emerso da un recente studio di coorte prospettico, che ha indagato la relazione esistente tra indice glicemico, tipo di carboidrati consumati e rischio di sviluppare la depressione in più di 87000 donne in post-menopausa di età compresa tra 50 e 79 anni che hanno partecipato al "Women's Health Initiative" tra il 1994 e il 1998.
I risultati ottenuti hanno dimostrato una evidente associazione tra il consumo di alimenti ad alto indice glicemico e la probabilità di sviluppare la depressione; anche il consumo di alimenti contenenti zuccheri aggiunti sembra essere un importante fattore di rischio per tale patologia. Al contrario, il consumo di alimenti a basso indice glicemico, come frutta, verdura e cereali integrali sembra essere significativamente associato a un minor rischio di depressione. Secondo gli autori dello studio, la causa potrebbe risiedere proprio negli zuccheri aggiunti, che possono indurre uno stato di infiammazione protratto, che sta alla base di numerose patologie come il diabete tipo II, le malattie cardiovascolari, alcuni tipi di cancro e, appunto, la depressione. Tuttavia, come gli stessi autori sottolineano, il lavoro presenta delle criticità importanti, per esempio l'uso dei diari alimentari per annotare i consumi alimentari delle partecipanti e il tipo di popolazione scelta (i risultati ottenuti non possono essere estesi alla popolazione generale). Per questo motivo, studi randomizzati dovrebbero essere ulteriormente intrapresi per esaminare se una dieta ricca di alimenti a basso indice glicemico potrebbe servire come trattamento o come prevenzione primaria per la depressione nelle donne in post-menopausa.
Approfondimenti:
Gangwisch JE et al. High glycemic index diet as a risk factor for depression: analyses from the Women's Health Initiative. Am J Clin Nutr, 2015.https://www.whi.org/SitePages/WHI%20Home.aspx
I risultati ottenuti hanno dimostrato una evidente associazione tra il consumo di alimenti ad alto indice glicemico e la probabilità di sviluppare la depressione; anche il consumo di alimenti contenenti zuccheri aggiunti sembra essere un importante fattore di rischio per tale patologia. Al contrario, il consumo di alimenti a basso indice glicemico, come frutta, verdura e cereali integrali sembra essere significativamente associato a un minor rischio di depressione. Secondo gli autori dello studio, la causa potrebbe risiedere proprio negli zuccheri aggiunti, che possono indurre uno stato di infiammazione protratto, che sta alla base di numerose patologie come il diabete tipo II, le malattie cardiovascolari, alcuni tipi di cancro e, appunto, la depressione. Tuttavia, come gli stessi autori sottolineano, il lavoro presenta delle criticità importanti, per esempio l'uso dei diari alimentari per annotare i consumi alimentari delle partecipanti e il tipo di popolazione scelta (i risultati ottenuti non possono essere estesi alla popolazione generale). Per questo motivo, studi randomizzati dovrebbero essere ulteriormente intrapresi per esaminare se una dieta ricca di alimenti a basso indice glicemico potrebbe servire come trattamento o come prevenzione primaria per la depressione nelle donne in post-menopausa.
Approfondimenti:
Gangwisch JE et al. High glycemic index diet as a risk factor for depression: analyses from the Women's Health Initiative. Am J Clin Nutr, 2015.https://www.whi.org/SitePages/WHI%20Home.aspx
fonte :www.nutrizione33.it
mercoledì 11 maggio 2016
Tu cosa mangi, calorie o molecole?...
Tu cosa mangi, calorie o molecole?
Quanti di voi sanno cosa stanno mangiando?
Ciò che mangiamo è fatto di sole calorie?
Quali sono gli alimenti che ci fanno bene e di cosa sono composti?
Per rispondere a queste domande è giusto partire dal corpo umano.
Il corpo umano possiamo definirlo come un sistema complesso ed aperto, ovvero un sistema costituito da diversi organi che permette l’ingresso di molecole come quelle contenute nel cibo, nei liquidi, nell’aria, negli inquinanti atmosferici presenti nell’ aria che respiriamo e permette l’uscita degli stessi, sia in quanto tali che sotto forma di metaboliti di scarto, energia, etc.
Il cibo è un potente modificatore ormonale, in grado di interagire con gli organi e i tessuti del nostro corpo.
Ecco perché bisogna conoscere il proprio organismo se si vuole stare bene.
Ci si sofferma molto sul contenuto calorico degli alimenti, ma di rado sul contenuto molecolare di questi, ovvero difficilmente ci si domanda: che cosa sto realmente mangiando?
Ad esempio una porzione di pasta, una porzione di formaggio o di un altro alimento possono produrre le stesse calorie, ma contengono molecole diverse; Agiranno allo stesso modo?
La pasta contiene in prevalenza carboidrati, il formaggio contiene maggiormente proteine e lipidi e non contiene carboidrati, quindi anche il profilo ormonale che stimolerò sarà diverso se assumo grassi piuttosto che carboidrati.
Ecco che considerare l’obesità o il sovrappeso come il semplice risultato di un eccesso “calorico” è riduttivo.
Il controllo del solo introito energetico giornaliero non è sufficiente a dimagrire o stare in forma!
Ricordiamo che dimagrire significa perdere solo massa grassa, un dato che, la sola bilancia alla quale molti fanno riferimento, non ci fornisce.
Le cellule adipose sono sensibili a delle molecole alimentari, le quali sono in grado di attivare i processi di eliminazione dei trigliceridi, queste molecole vengono definite “modulatori epigenetici”.
I modulatori epigenetici li ritroviamo in maggior parte nei vegetali e nei legumi.
Non a caso le linee guida del World Cancer Research Fund, raccomandano di assumere cinque porzioni di frutta e verdura al giorno.
La prima cosa che si elimina dalla tavola quando non si ha tempo o anche per pigrizia è la verdura e la frutta;
Le fibre regolano anche i livelli ormonali soprattutto dopo un pasto, magari ricco in zuccheri ed ecco che la sua carenza diviene così una causa dell’obesità!
Precisiamo che questi alimenti, oltre a contenere fibre sono ricche in vitamine, minerali e fitonutrienti che fungono da potenti antiossidanti.
Gli antiossidanti sono sostanze fitochimiche che agiscono a livello dei radicali liberi, molecole dannose per il nostro organismo, in grado di agire a livello del DNA, causando diverse patologie.
Tra le verdure più ricche in antiossidanti ricordiamo quelle appartenenti alla famiglia delle crucifere (cavoli, broccoli, cavolfiori, cavoletti di Bruxelles, etc.) ottime come antitumorali, naturalmente ricche in Indoli che agiscono a livello ormonale regolandolo e bilanciandolo.
Non dimentichiamo poi tutte le verdure “colorate” ricche in carotenoidi, che contribuiscono a rafforzare il sistema immunitario, e non solo.
Una famiglia che viene spesso trascurata nell’ alimentazione attuale è quella dell’allium, nella quale si annoverano, aglio, porro, cipolla, potenti antibatterici e stimolatori del sistema immunitario, che agiscono inoltre nel ridurre gli stati infiammatori.
Ecco che migliorando la propria alimentazione, prestando attenzione al tipo di alimento e non solo al contenuto calorico di questo, assumendo sempre verdura e frutta fresca e di stagione, possiamo rafforzare la capacità di guarigione del nostro organismo, rafforzare il nostro sistema immunitario, sentirci forti, energici ed attivi; ridurre gli stati infiammatori, caratteristici tra l’altro anche dell’obesità.
Come disse Ippocrate da kos nel 460 a.c. “Lascia che il cibo sia la tua medicina, e la tua medicina sia il tuo cibo”.
Etichette:
aglio,
alimentazione,
alimenti,
allium,
antiossidanti,
calorie,
carotenoidi,
epigenetica,
frutta,
molecole,
obesità,
sapereconsapore,
sapereconsapore.blogspot.it,
sistema immunitario,
verdura
martedì 10 maggio 2016
Risotto mantecato al sedano rapa con champignon, broccoletti e profumo di limone...
Risotto mantecato al sedano rapa con champignon, broccoletti e profumo di limone
240 g riso integrale Balilla o Originario (a chicco tondo)
1 litro di brodo vegetale dal sapore delicato
1 goccio di vino bianco (facoltativo)
100 g sedano rapa pesato già sbucciato
120 g funghi champignon pesati puliti
1 piccolo broccoletto
1/2 limone
1 cucchiaino di sciroppo d’agave
1 mazzettino di timo fresco
olio evo, sale
1 litro di brodo vegetale dal sapore delicato
1 goccio di vino bianco (facoltativo)
100 g sedano rapa pesato già sbucciato
120 g funghi champignon pesati puliti
1 piccolo broccoletto
1/2 limone
1 cucchiaino di sciroppo d’agave
1 mazzettino di timo fresco
olio evo, sale
Sciacquate il riso in un colino sotto l’acqua corrente, scolatelo molto bene e fatelo tostare in una pentola per pochi minuti con un paio di cucchiai d’olio e un pizzico di sale. Sfumate, se volete, con un goccio di vino bianco (non è indispensabile, io ad esempio non l’ho fatto), quindi aggiungete due o tre mestoli del brodo bollente, coprite e lasciate sobbollire a fuoco basso. Di tanto in tanto controllate e quando il brodo si è asciugato aggiungetene altro. Non c’è bisogno di versare il brodo poco per volta e di mescolare continuamente, si può versare anche in 2 o 3 volte e lasciar cuocere il riso con coperchio.
Nel frattempo dedicatevi al condimento: tagliate il sedano rapa a dadini e bollitelo in acqua salata per circa 10 minuti, quindi scolatelo e frullatelo con un cucchiaio d’olio e uno o due cucchiai dell’acqua di cottura tenendo da parte la purea ottenuta che servirà per la mantecatura finale. Lavate e affettate i funghi mettendo da parte qualche fettina che vi servirà per la decorazione finale. Tagliate il resto a dadini piccoli e saltateli in padella per qualche minuto con un cucchiaio d’olio, le foglioline di timo e un pizzico di sale, poi toglieteli dalla padella, aggiungete un goccio d’olio se occorre e cuocete le fettine che avete tenuto da parte, arrostendole da entrambi i lati fin quando diventeranno un po’ croccantine.Ricavate dal broccoletto 60 g di “rapatura” ovvero con un coltellino affilato tagliate via solo la parte superiore più verde, come se doveste solo “tagliare i capelli” al broccolo . Quando mancano pochi minuti al termine di cottura del riso (il bello del riso integrale è che non scuoce facilmente per cui potete prendervela comoda ) aggiungete prima il broccolo crudo, poi, dopo un minuto, i funghi a dadini, aggiustando eventualmente con poco altro brodo se fosse troppo asciutto. Quando è pronto spegnete il fuoco e mantecate con la purea di sedano rapa aggiungendo anche la scorza del mezzo limone grattugiata, un cucchiaio scarso di succo e lo sciroppo. Assaggiate ed eventualmente aggiustate di sale, quindi impiattate decorando con le fettine di funghi arrostiti.
Nel frattempo dedicatevi al condimento: tagliate il sedano rapa a dadini e bollitelo in acqua salata per circa 10 minuti, quindi scolatelo e frullatelo con un cucchiaio d’olio e uno o due cucchiai dell’acqua di cottura tenendo da parte la purea ottenuta che servirà per la mantecatura finale. Lavate e affettate i funghi mettendo da parte qualche fettina che vi servirà per la decorazione finale. Tagliate il resto a dadini piccoli e saltateli in padella per qualche minuto con un cucchiaio d’olio, le foglioline di timo e un pizzico di sale, poi toglieteli dalla padella, aggiungete un goccio d’olio se occorre e cuocete le fettine che avete tenuto da parte, arrostendole da entrambi i lati fin quando diventeranno un po’ croccantine.Ricavate dal broccoletto 60 g di “rapatura” ovvero con un coltellino affilato tagliate via solo la parte superiore più verde, come se doveste solo “tagliare i capelli” al broccolo . Quando mancano pochi minuti al termine di cottura del riso (il bello del riso integrale è che non scuoce facilmente per cui potete prendervela comoda ) aggiungete prima il broccolo crudo, poi, dopo un minuto, i funghi a dadini, aggiustando eventualmente con poco altro brodo se fosse troppo asciutto. Quando è pronto spegnete il fuoco e mantecate con la purea di sedano rapa aggiungendo anche la scorza del mezzo limone grattugiata, un cucchiaio scarso di succo e lo sciroppo. Assaggiate ed eventualmente aggiustate di sale, quindi impiattate decorando con le fettine di funghi arrostiti.
fonte : nonsoloveg.altervista.org
lunedì 9 maggio 2016
6 modi per bruciare il grasso addominale velocemente...
6 modi per bruciare il grasso addominale velocemente
Il grasso sulla pancia è un problema che riguarda tutte le donne, soprattutto dopo la gravidanza, l’allattamento, figli da crescere, lavoro e molte altre cose. Spesso ci ritroviamo a non avere tempo per badare a noi stesse e alla nostra forma fisica, quindi ci lasciamo andare. Quello che oggi voglio consigliarvi è di iniziare a pensare un po’ a voi stessi e alla vostra salute.
Ecco 6 modi per bruciare velocemente il grasso dalla pancia ed eliminare quei rotolini di troppo. Il grasso della pancia, oltre ad essere anti-estetico, è un grasso molto pericoloso poiché più aumenta la circonferenza addominale più si alza la percentuale di infarto, diabete, obesità ecc ecc.
Perché si forma il grasso sulla pancia?
Il grasso sulla pancia è provocato dai livelli di cortisolo alti. Lo stress è il principale colpevole dell’alto livello di cortisolo, ce ne accorgiamo soprattutto quando tendiamo ad ingrassare solo sulla zona addominale e magari le altre parti del corpo sono magre.
Quindi la prima cosa da fare è rilassarsi, non farsi prendere dallo stress della quotidianità, del lavoro ecc ecc ma cercare di affrontare tutto con estrema calma e fare respiri profondi prima di arrabbiarsi.
6 consigli per eliminare il grasso sulla pancia
1) Dormire di più
il sonno è un valido aiuto per sconfiggere il grasso addominale, bisogna dormire almeno 7 ore a notte per far si che questo accada. Sapete che non dormire abbastanza altera la nostra produzione di ormoni influenzando i livelli di cortisolo che causano sensibilità all’insulina, proprio per questo quando siamo stanchi e abbiamo sonno oppure se dormiamo troppo poco abbiamo tanto desiderio di zucchero e alimenti dolci. Vedrete che dormendo un pochino di più riusciremo a placare queste voglie. Ovviamente tutto questo non accadrà in pochi giorni, ci vogliono settimane prima di stabilizzare il nostro ritmo sonno-sveglia ma noterete soltanto dei benefici, sia per la vostra salute, sia per la linea ma anche per la vostra pelle, che apparirà più giovane e riposata.
2) Brevi esercizi per eliminare la pancia
ci vogliono pochissimi minuti per eseguire questi esercizi, non dovrete fare addominali perché fare addominale sulla pancia non aiuta e non vi fa ottenere il risultato desiderato. Dobbiamo fare esercizi che coinvolgano i gruppi muscolari, un ottimo esercizio è il plak, appoggiate gli avambracci a terra e mettete i piedi come se stesse facendo delle flessioni e fate 3 sequenze da 30 secondi ciascuno, un altro valido aiuto è la corsa (se non potete cercate di camminare più possibile e di utilizzare le scale al posto dell’ascensore).
3) Diminuite lo zucchero raffinato
lo zucchero purtroppo causa dipendenza, come la cioccolata. Cercate di resistere a queste tentazioni preferendo grassi buoni tipo 3 noci (al giorno) oppure mandorle, latte di soia, un frutto, un centrifugato di frutta e verdura. Preferite cose naturali ed evitate invece barrette dietetiche e bibite gassate.
4) Vitamina C
quando sei stressato produci cortisolo, la vitamina C è un valido aiuto per combattere il cortisolo e quindi aiutare a diminuire i livelli di stress. La vitamina C produce inoltre carnitina, una sostanza in grado di trasformare il grasso in energia. Quindi cercate di mangiare molti agrumi, kiwi, mirtilli ma anche peperoni, broccoli e cavoli.
5) Mangia grassi buoni
evita fritture, cibo spazzatura e grassi idrogenati, preferisci i grassi buoni come olio extra vergine di oliva a crudo, noci, mandorle, pistacchi, nocciole, salmone, avocado. Questi alimenti sono ricchissimi di nutrienti e ci aiuteranno a placare il nostro senso di fame.
6) Fai respiri profondi
ogni volta che ti senti teso e stressato fai dei respiri profondi, rilassarsi aiuterà non solo a diminuire lo stress ma anche ad appiattire la pancia.
fonte :www.tecnologia-ambiente.it
venerdì 6 maggio 2016
La bevanda più di moda in Cina? L’acqua calda...
La bevanda più di moda in Cina? L’acqua calda.
A noi occidentali sembra assolutamente normale cercare una bibita fresca, per calmare la sete oppure per accompagnare i pasti. Ma dal punto di vista di chi è cresciuto in Cina, questa nostra abitudine è strana ed incomprensibile, perché lì l’abitudine è esattamente opposta: è normale consumare sempre bevande calde , indipendentemente dalla temperatura esterna. Che sia una giornata gelida oppure che il sole spacchi le pietre, potreste vedere qualcuno che tira fuori un thermos per sorseggiare qualcosa di caldo.
Anche la semplice acqua viene riscaldata quando viene servita: l’idea di servire acqua anche alla semplice temperatura ambiente è qualcosa che viene considerato quasi ai limiti della maleducazione in molte famiglie.
L’idea diffusa infatti è che le bevande fredde facciano male alla salute: in particolare, l’acqua calda alla mattina secondo la tradizione cinese aiuterebbe la digestione, la circolazione sanguigna, e aiuterebbe anche a eliminare le tossine.
Non si sa bene l’origine esatta delle tradizione, ma probabilmente ci sarebbe però anche un fattore molto più pratico: dopo la seconda guerra mondiale, l’acqua di rubinetti e fontane era spesso inquinata, e così in molte città cinesi gli abitanti erano incoraggiati a bollirla prima di berla, per sterilizzarla.
Quella di bere tutte le bevande calde, compresa l’acqua, è un abitudine con cui adesso molti alberghi, ristoranti e compagne aeree in tutto il mondo, con l’incremento dei flussi turistici dalla Cina, stanno iniziando a fare i conti: e se ovviamente sono ancora molti a rimanere stupiti di fronte alla “bizzarra” richiesta di acqua calda, sono sempre di più quelli che invece hanno messo nei loro listini il re shui, l’acqua calda, pronta per essere servita.
lunedì 25 aprile 2016
Il metabolismo e il perdere peso: realtà e miti...
Il metabolismo e il perdere peso: realtà e miti
Parliamo di metabolismo e sfatiamo alcune leggende…
Il corpo brucia più calorie per digerire delle bevande fredde col ghiaccio che per digerire gli alimenti
Vero
Ma prima di farsi venire un mal di testa col ghiaccio, c’è di più. “La piccola differenza di calorie probabilmente non intaccherà in maniera significativa la vostra dieta”, spiega Madelyn Fernstrom, Ph.D., CNS, fondatore e direttore del UPMC Weight Management Center di Pittsburgh. L’aspetto positivo è che diversi studi hanno suggerito che 5 o 6 bicchieri di acqua fredda potrebbero aiutare a bruciare circa 10 calorie in più al giorno, che equivale a circa 1 chilo di perdita di peso ogni anno senza alcuno sforzo.
Bere la giusta quantità di acqua può aiutarvi a bruciare più calorie
Vero
Tutte le reazioni chimiche del vostro corpo dipendono dall’acqua. Se il corpo è disidratato si possono bruciare fino al 2% in meno di calorie, secondo i ricercatori della University of Utah, che ha monitorato i tassi metabolici di 10 adulti mentre bevevano quantitativi variabili di acqua al giorno. Questo studio ha evidenziato che chi beveva da 8 a 12 bicchieri di acqua al giorno presentavano un più alto tasso metabolico rispetto a quelli che ne bevevano 4.
La dieta rallenta il tasso metabolico a riposo, rendendo più difficile mantenere il peso stabile.
Vero
Per ogni mezzo chilo che si perde il vostro metabolismo a riposo scende da 2 a 10 calorie circa al giorno. Perdendo 5 Kg è necessario mangiare da 20 a 100 calorie in meno al giorno per mantenere il vostro fisico in forma, senza svolgere attività fisica. E’ tuttavia possibile evitare che il vostro metabolismo rallenti durante il periodo di dieta, un modo possibile è quello di perdere grassi, mantenendo la massa muscolare: è possibile ottenere questo risultato riducendo le calorie e aumentando gli esercizi aerobici e di resistenza. Le diete intensive (meno di 1.000 calorie al giorno) possono portare ad una maggiore percentuale di perdita di massa muscolare.
I cibi piccanti accelerano il metabolismo
Vero
La capsaicina, il composto bioattivo che fa sì che i peperoncini siano piccanti, può accelerare il metabolismo e nello stesso tempo migliora la sazietà diminuendo il senso di fame. Gli studi mostrano che consumare circa 1 cucchiaio di peperoncino trito di colore rosso o verde, che equivale a 30 milligrammi di capsaicina, provoca una temporanea crescita del 23% del metabolismo. In un altro studio sono stati dati 0,9 grammi di pepe rosso in forma di capsule o disciolti nel succo di pomodoro prima di ogni pasto. I ricercatori hanno rilevato che gli individui hanno ridotto il loro apporto calorico totale del 10 o del 16% per cento, rispettivamente, per 2 giorni dopo e hanno dichiarato di sentirsi ancora sazi.
Assumere più proteine accelera il metabolismo
Vero
Le proteine forniscono un vantaggio metabolico rispetto ai grassi o ai carboidrati, perché il corpo consuma più energia per elaborarle. Ciò è noto come effetto termico degli alimenti. Gli studi dimostrano che si può bruciare fino al doppio delle calorie nella digestione delle proteine rispetto ai carboidrati. In una tipica dieta il 14 per cento circa delle calorie proviene dalle proteine, raddoppiando la dose (riducendo contemporaneamente i carboidrati per compensare le calorie extra) è possibile bruciare ulteriori 150-200 calorie al giorno, spiega Donald Layman, Ph.D., professore di nutrizione presso l’Università dell’Illinois.
Mangiare un pompelmo prima di ogni pasto aumenta la velocità del metabolismo
Falso
Il pompelmo non fa miracoli per il metabolismo, ma può aiutare a perdere peso. Mezzo pompelmo prima dei pasti aiuta gli individui a perdere circa 4 chili in 12 settimane, secondo uno studio pubblicato nelJournal of Medicinal Food. Il motivo: le sue fibre e l’acqua ti fanno sentire pieno, così mangerete di meno al pasto successivo.
Il sollevamento pesi aumenta il metabolismo più di un allenamento aerobico
Vero
Quando ti alleni abbastanza da aggiungere 3 kg di muscoli, aumenti la capacità di bruciare calorie dal 6 all’ 8 per cento, il che significa che si bruciano circa 100 calorie in più ogni giorno. L’esercizio aerobico, d’altro canto, non aumenta in modo significativo la massa muscolare del corpo. “Il modo migliore per aumentare la massa muscolare è quello di fare un allenamento di resistenza”, osserva Ryan D. Andrews, RD, specialista negli esercizi di forza in Colorado.
Il sedano è un “alimento negativamente-calorico” perché per digerirlo occorrono più calorie di quanto esso contenga
Falso
L’effetto termico del cibo porta il corpo a bruciare calorie come avviene per pasti, spuntini e bevande. Ma questo processo richiede dallo 0 al 30 per cento delle calorie assunte (le proteine, per esempio, comportano più calorie da digerire rispetto al grasso o ai carboidrati). Un gambo di sedano di medie dimensioni conta solo circa 6 calorie, il suo effetto termico è circa la metà di una caloria. In realtà, “gli alimenti negativamente-calorici” non sono nient’altro che un desiderio.
Il tè aumenta la naturale capacità di bruciare calorie
Vero
Le catechine trovate nel tè verde e nel tè oolong possono aumentare la capacità del corpo di bruciare i grassi. E’ stato effettuato uno studio sulle donne giapponesi per confrontare gli effetti del consumo di tè verde e tè oolong, in vari giorni. Solo una grande tazza di tè oolong ha aumentato la capacità di bruciare calorie fino al 10 per cento, un incremento che ha raggiunto il suo picco un’ora e mezza più tardi. Il tè verde ha accelerato il metabolismo del 4 per cento per un’ora e mezza. Altri studi dimostrano che bere da due a quattro tazze di tè verde o tè oolong al giorno (per un totale di circa 375-675 mg di catechina) si può tradurre in un extra di 50 calorie bruciate ogni giorno un totale di circa 2.5 Kg in un anno.
Le voglie alimentari durante il periodo mestruale sono legate alla maggiore velocità metabolica prima di questo periodo
Vero
Se c’è un aspetto positivo del periodo mestruale, è che il tasso metabolico a riposo può aumentare durante quella parte del ciclo mestruale nota come fase luteale (dal giorno dopo l’ovulazione al primo giorno delle mestruazioni). Questa spinta metabolica che possiamo considerare ormonale può bruciare sino a 300 calorie al giorno, motivo per cui il nostro appetito aumenta durante questa fase.
Se avete poco tempo, svolgete una più intensa attività fisica in modo da accelerare il metabolismo
Vero
Le persone che esercitano attività fisica ad un’intensità molto elevata possono constatare dopo l’esercizio fisico un aumentato tasso metabolico a riposo che è maggiore e più duraturo rispetto a quello ottenuto da chi svolge una moderata attività fisica. Aumentate l’intensità del vostro allenamento e potrete aspettarvi di bruciare almeno il 10 per cento delle calorie totali utilizzate durante l’allenamento in un’ora o poco dopo l’esercizio. Quindi, se camminate e fate jogging per 6.5 Km (circa 400 calorie), invece di camminare soltanto è possibile bruciare un extra di 40 calorie nelle ore successive.
lunedì 18 gennaio 2016
Mappa dei dolori addominali: le zone dell’addome colpite dal dolore e le sue possibili cause...
Mappa dei dolori addominali: le zone dell’addome colpite dal dolore e le sue possibili cause
Il mal di stomaco è uno dei disturbi più comunemente accusati e più complessi da valutare perché, molto spesso, è determinato da altre patologie o disturbi. Esiste una vera e propria mappa che collega le varie aree del ventre a possibili patologie, come per esempio calcoli biliari, problemi renali o stitichezza.
Quando il mal di stomaco compare nella parte superiore sinistra si potrebbe trattare di pancreatite e di ulcera mentre se compare all’ inizio dello stomaco, verso destra, potrebbe segnalare possibili problemi al pancreas, reflusso gastroesofageo e calcoli biliari. Nella mappa del mal di stomaco, i dolori che compaiono al centro sono da collegare con possibili ernie epigastriche, bruciore di stomaco o ulcera.
Se il dolore si manifesta sul fianco sinistro potrebbe trattarsi del colon irritabile e di altri disturbi del colon e dell’intestino; non deve essere trascurato perché potrebbe segnalare una patologia di tipo renale. Se il mal di stomaco si concentra sulla parte sinistra centrale si potrebbe anche trattare di calcoli renali.
Nella mappa del mal di stomaco se l’area interessata è quella centrale le possibili malattie sono l’ulcera, l’appendicite e disturbi al pancreas.
Se il dolore compare a destra dello stomaco si potrebbe trattare di un’infezione alle vie urinarie e, molto spesso, dalla stitichezza. Non deve mai essere ignorato perché potrebbe segnalare un’appendicite. Secondo la mappa del mal di stomaco, la parte bassa ma centrale può provocare dolore in caso di patologie ginecologiche e alle vie urinarie, diverticoli e colite. Quando il dolore si manifesta nei pressi dell’ombelico potrebbe essere determinato da un problema al pancreas, da un’ernia o dall’ulcera.
Se il dolore compare a destra dello stomaco si potrebbe trattare di un’infezione alle vie urinarie e, molto spesso, dalla stitichezza. Non deve mai essere ignorato perché potrebbe segnalare un’appendicite. Secondo la mappa del mal di stomaco, la parte bassa ma centrale può provocare dolore in caso di patologie ginecologiche e alle vie urinarie, diverticoli e colite. Quando il dolore si manifesta nei pressi dell’ombelico potrebbe essere determinato da un problema al pancreas, da un’ernia o dall’ulcera.
In alcuni casi, il mal di stomaco è determinato da un dolore riflesso che parte da altri organi, come per esempio i reni e le ovaie. Questo dolore non deve mai essere trascurato, soprattutto se non si tratta di un fenomeno sporadico. E’ fondamentale rivolgersi al proprio medico spiegando esattamente le caratteristiche del dolore ed il punto dal quale si irradia.
Mappa dei dolori addominali, lo schema
Per aiutare una più facile comprensione ecco uno schema che mostra le zone dell’addome colpite dal dolore e le sue possibili cause.
Zona superiore/destra dell’addome:
calcoli biliari, ulcera allo stomaco, pancreatite.
calcoli biliari, ulcera allo stomaco, pancreatite.
Zona superiore/centro dell’addome:
calcoli biliari, bruciore di stomaco/indigestione, ulcera allo stomaco, pancreatite, ernia epigastrica.
Zona superiore/sinistra dell’addome:
ulcera allo Stomaco, ulcera duodenale, colica biliare, pancreatite.
ulcera allo Stomaco, ulcera duodenale, colica biliare, pancreatite.
Zona centrale/destra dell’addome:
calcoli renali, infezione alle vie urinarie, costipazione, ernia lombare.
calcoli renali, infezione alle vie urinarie, costipazione, ernia lombare.
Zona centrale/centro dell’addome:
appendicite (fase iniziale), pancreatite, ulcera allo stomaco, infiammazione intestinale (tenue), ernia ombelicale.
appendicite (fase iniziale), pancreatite, ulcera allo stomaco, infiammazione intestinale (tenue), ernia ombelicale.
Zona centrale/sinistra dell’addome:
calcoli renali, malattia diverticolare del colon, costipazione, infiammazione intestinale.
calcoli renali, malattia diverticolare del colon, costipazione, infiammazione intestinale.
Zona inferiore/destra dell’addome:
appendicite, costipazione, dolore pelvico di origine
ginecologica, dolore all’inguine (ernia inguinale).
appendicite, costipazione, dolore pelvico di origine
ginecologica, dolore all’inguine (ernia inguinale).
Zona inferiore/centro dell’addome:
infezione alle vie urinarie, appendicite, malattia diverticolare del colon, infiammazione intestinale, dolore pelvico di origine ginecologica.
infezione alle vie urinarie, appendicite, malattia diverticolare del colon, infiammazione intestinale, dolore pelvico di origine ginecologica.
Zona inferiore/sinistra dell’addome:
malattia diverticolare del colon, dolore pelvico di origine
ginecologica, dolore all’inguine (ernia inguinale).
malattia diverticolare del colon, dolore pelvico di origine
ginecologica, dolore all’inguine (ernia inguinale).
L’intensità del dolore spesso è talmente forte da spaventarci, ma questo non significa necessariamente che la causa sia qualcosa di serio. Tuttavia, se i sintomi persistono, potrebbero indicare una malattia cronica che deve essere assolutamente trattata.
Se qualsiasi tipo di dolore dovesse durare più di due settimane (gonfiore cronico, vomito, diarrea, sangue nelle feci, ecc.) sarebbe opportuna una consultazione dal tuo medico per una diagnosi completa. L’esatta posizione del dolore, la sua durata, la sua intensità, altri eventuali sintomi correlati…sono tutte informazioni fondamentali per una corretta diagnosi.
Dobbiamo comunque considerare che il dolore addominale interessa una vasta area del nostro corpo, stiamo parlando appunto di una zona che parte dal torace fino ad arrivare all’inguine.
Proprio per questo motivo è necessario conoscere la posizione esatta del dolore in modo da poter trovare più facilmente la sua causa. Va comunque precisato che ogni persona ha una sua storia clinica: determinate predisposizioni e patologie, stile di vita differente, conformazione fisica differente ecc..
Se qualsiasi tipo di dolore dovesse durare più di due settimane (gonfiore cronico, vomito, diarrea, sangue nelle feci, ecc.) sarebbe opportuna una consultazione dal tuo medico per una diagnosi completa. L’esatta posizione del dolore, la sua durata, la sua intensità, altri eventuali sintomi correlati…sono tutte informazioni fondamentali per una corretta diagnosi.
Dobbiamo comunque considerare che il dolore addominale interessa una vasta area del nostro corpo, stiamo parlando appunto di una zona che parte dal torace fino ad arrivare all’inguine.
Proprio per questo motivo è necessario conoscere la posizione esatta del dolore in modo da poter trovare più facilmente la sua causa. Va comunque precisato che ogni persona ha una sua storia clinica: determinate predisposizioni e patologie, stile di vita differente, conformazione fisica differente ecc..
Iscriviti a:
Post (Atom)