domenica 26 aprile 2015

Coriandolo, quando e come utilizzarlo...

Coriandolo, quando e come utilizzarlo

La pianta da cui si ricava il Coriandolo appartiene alla famiglia delle Ombrelliferae ed è originaria dei Paesi del Mediterraneo. Del coriandolo sono utilizzate sia le foglie, più piccanti e apprezzate soprattutto in Oriente (per questo è conosciuto anche come prezzemolo cinese), che i frutti, granelli simili al pepe, gialli e dal sapore dolciastro che ricorda i limoni.

Proprietà del coriandolo
Il coriandolo è carminativoantispasmodico e stomachico, è quindi un buon rimedio naturale contro coliche addominalidifficoltà digestive e gonfiore.
Con il coriandolo si può preparare un infuso digestivo, efficace e dal sapore aromatico: basterà mettere 2 grammi di semi di coriandolo in 100ml di acqua bollente per qualche minuto. Un paio di cucchiai dopo i pasti saranno sufficienti per favorire la digestione e l'eliminazione dei gas intestinali.
Il suo effetto stimolante attenua il senso di fatica, combatte l'inappetenza e lo rende un buon tonico per l'attività cerebrale e per il sistema nervoso.
Il coriandolo ha inoltre un effetto fungicida e antibatterico.

Il coriandolo tra i rimedi naturali per la digestione difficile



Uso in cucina

Il coriandolo, col suo aroma delicato, può essere aggiunto in molte preparazioni gastronomiche senza coprire il gusto delle pietanze.
Questa spezia si presta molto bene a insaporire zuppe e minestre, legumi, carne, pesce e verdure, in particolar modo cavoli e crauti.
I semi interi sono indicati nella preparazione di sottaceti e salamoie mentre macinati sono perfetti per insaporire carne, pesce e insaccati.
Il coriandolo è un ottimo ingrediente per le miscele di spezie per il suo sapore delicato e lo troviamo tra gli ingredienti del curry e del garam masala, la miscela di spezie indiana.
Degli accostamenti con altre spezie da provare sono quello con timo e pepe per dare un tocco esotico al riso bollito e quello con la noce moscate per insaporire il purè di patate.
Nella cucina internazionale il coriandolo è molto apprezzato, meno in quella italiana, dove viene adoperato nelle preparazioni di insaccati (spesso scambiato per pepe) e come aroma per liquori e digestivi.
In Marocco è usato nelle marinate e nei ripieni di carne mentre inEgitto viene abbinato ai fagioli.
In Oriente sono più utilizzate le foglie, il cui odore è molto forte e non risulta a tutti gradevole, per aromatizzare insalate e zuppe.
Le foglie di coriandolo sono presenti anche in molte pietanze messicane.
Nell’Europa centrale i semi di coriandolo insaporiscono la cacciagione, i sottaceti e le salamoie, le verdure e i funghi.
Nei Balcani è una spezia molo apprezzata per insaporire il pane, la frutta e alcuni dolci.

Il coriandolo è usato nella preparazione di liquori e digestivi, lo troviamo ad esempio nel Ratafià, nel Gin e nello Chartreuse.

Curiosità

Il coriandolo era molto conosciuto in antichità e Plinio il Vecchio suggeriva di mettere alcuni semi di coriandolo sotto il cuscino per prevenire febbre e mal di testa.
Quando si semina il coriandolo è bene sapere che può influenzare la crescita delle piante vicine: ad esempio il finocchio soffre se coltivato accanto al coriandolo mentre l'anice ne trae vigore.
La parola coriandolo deriva dal termine latino Coriandrum che a sua volta trova le radici nella parola greca corys (cimice), seguita dal suffisso -ander (somigliante). Il nome di questa pianta si riferisce allo sgradevole odore che emana fino al periodo della maturazione dei frutti, simile a quello delle cimici. Per questo motivo la pianta del coriandolo è conosciuta anche come
erba cimicina.
Altra curiosità legata al nome di questa spezia è il motivo per cui oggi chiamiamo coriandoli i pezzetti di carta colorata che per tradizione si lanciano a Carnevale: nel XV secolo durante i festeggiamenti si lanciavano confetti che spesso consistevano in semi di coriandolo glassati. Nel tempo questi dolcetti di zucchero si sono trasformati fino a diventare i dischetti di carta che conosciamo oggi e che hanno mantenuto il nome della spezia che hanno sostituito.

Coppa golosa al cioccolato, zafferano, “sorpresa” di pere e aroma di limone...

Coppa golosa al cioccolato, zafferano, “sorpresa” di pere e aroma di limone

IMG_6092
Ingredienti per 2 coppe grandi:
1 grossa pera Kaiser matura ma sodaIMG_6096
1 cucchiaio di succo di limone
la scorza grattugiata di mezzo limone

20 g sciroppo di riso
un pizzico di zafferano
una punta di cucchiaino di vaniglia in polvere
Per la crema al cioccolato
250 ml latte di riso
50 g cioccolato fondente
25 g amido di mais (maizena)
40 g sciroppo di riso
Per la crema allo zafferano
250 ml latte di riso
mezza bustina di zafferano
15 g amido di mais (maizena)
40 g sciroppo di riso
1 pezzo di scorza di limone
una punta di cucchiaino di vaniglia in polvere
gocce di cioccolato per decorare
Preparate prima la pera sbucciandola e tagliandola a cubetti regolari. Mettetela in una padellina e irroratela col il succo di limone e la scorza grattugiata. In una tazzina fate sciogliere lo zafferano (io ne ho preso un pizzico con la punta del manico di un cucchiaino) con 2 cucchiai d’acqua e lo sciroppo di riso, versate sulle pere e accendete il fuoco. Cuocete a fuoco vivace per pochi minuti fin quando tutto il liquido si sarà asciugato, poi fate intiepidire e versate sul fondo di due coppe o bicchieri piuttosto grandi (io ho usato quelli da degustazione del vino).
Preparate la crema al cioccolato sciogliendo la maizena nel latte di riso. Portate a bollore in un pentolino mescolando continuamente fin quando si addensa, poi spegnete il fuoco e versate il cioccolato tagliato a pezzetti, mescolate fin quando si scioglie completamente, unite infine lo sciroppo di riso. Versate la crema nei bicchieri sopra le pere e livellatela in modo che formi uno strato. I bicchieri inevitabilmente si sporcheranno ma potete pulirli con un tovagliolo di carta inumidito, poi riponeteli in frigo.
Preparate la crema allo zafferano sciogliendo la maizena nel latte di riso a cui aggiungerete anche lo zafferano, la vaniglia e il pezzo di scorza di limone intera. Portate a bollore mescolando continuamente, poi spegnete il fuoco e aggiungete lo sciroppo di riso. Fate intiepidire leggermente mescolando ogni tanto, poi eliminate la scorza, prendete i bicchieri dal frigo e versate la crema gialla sopra la crema al cioccolato. Pulite ancora i bordi dei bicchieri nel caso si sporcassero. Riponete in frigo per qualche ora.
Al momento di servire cospargete la superficie con gocce di cioccolato e striscioline di scorza di limone inumidite con pochissimo sciroppo di riso.

venerdì 24 aprile 2015

Seguici su facebook

https://www.facebook.com/pages/Sapereconsapore/346541368864332

Acido arachidonico, proprietà ed equilibrio nutrizionale...

Acido arachidonico

Risultati immagini per acido arachidonico


Acido Arachidonico negli Alimenti e Sintesi Endogena

L'acido arachidonico è un acido grasso polinsaturo a 20 atomi di carbonio [20:4(ω-6)].
Acido arachidonico
Noto anche come acido 5-8-11-14 eicosatetraenoico, o indicato più semplicemente dall'acronimo AA, l'acido arachidonico è ampiamente diffuso in natura e può essere assunto attraverso gli alimenti - in particolare quelli animali (uovapesce e carne) - o sintetizzato dall'organismo a partire dall'acido linoleico. La sintesi endogena è minoritaria, mentre il contributo dell'alimentazione è piuttosto elevato, specie nelle società industrializzate. Per tutti questi motivi l'acido arachidonico è considerato ungrasso semiessenziale, indispensabile quando non vengono assunte quantità sufficienti di acido linoleico (contenuto soprattutto negli oli di semi). Nell'organismo umano, le maggiori concentrazioni di acido arachidonico si registrano a livello dei tessuti muscolari e cerebrali.
L'acido arachidonico è presente in buone quantità anche nel latte materno (più del doppio rispetto a quello vaccino) e non a caso viene considerato un nutriente importante per la buona crescita del feto e del neonato. In particolare si è dimostrato molto importante per promuovere lo sviluppo nervoso ed intellettuale del bambino (azione condivisa con gli acidi grassi omega-tre).
Nel nostro organismo, l'acido arachidonico si concentra a livello dei fosfolipidi di membrana, cioè in quel doppio strato fosfolipidico che - distribuendosi sulla superficie esterna delle cellule - regola l'ingresso e l'uscita dei vari metaboliti cellulari (nutrientiormoni, sostanze di rifiuto ecc.).

Acido Arachidonico, Leucotrieni e Cascata Infiammatoria

L'acido arachidonico costituisce il precursore principale degli eicosanoidi, sostanze coinvolte nella risposta infiammatoria dell'organismo. In presenza di un danno tissutale, enzimi appartenenti alla classe delle fosfolipasi A2 (PLA2) liberano l'acido arachidonico dai fosfolipidi di membrana (ove è stato esterificato), ad esempio dalla fosfatidiletanolamina (PE), dalla fosfatidilcolina (PC), dal fosfatidilinositolo (PI) e dallafosfatidilserina (PS). Dall'acido arachidonico si possono così ottenere due tipi molecolari diversi: la serie 2 delle PROSTAGLANDINE e dei TROMBOSSANI (dalla via ciclossigenasica) e la serie dei LEUCOTRIENI (dalla via lipossigenasica). Al pari dell'acido grasso di partenza, tutte queste sostanze vengono chiamate eicosanoidi per via della struttura a 20 atomi di carbonio che le caratterizza.
La sintesi della serie 2 delle prostaglandine e dei trombossani a partire dall'acido arachidonico libero è mediata dall'enzima ciclossigenasi, che nell'organismo umano è presente sottoforma di COX1 e COX2. I farmaci corticosteroidi espletano la loro azione antinfiammatoria inibendo l'enzima fosfolipasi A2 (PLA2), mentre i farmaci antinfiammatori non steroidei (come l'aspirina o l'ibuprofene), inibiscono l'azione degli enzimi COX1 e/o COX2.

COX1 COX2 Prostaglandine FANS e Farmaci
Le prostaglandine prodotte a partire dall'acido arachidonico espletano un'azione vasodilatatrice ed aumentano la permeabilità capillare sostenendo lo stato infiammatorio (febbre, dolore, edema). Tale azione contrasta quella antinfiammatoria svolta dalle prostaglandine della serie uno (PEG-1) e tre (PEG-3), che sono invece prodotte a partire dall'acido alfa linolenico (olio di pesceolio di canapaolio di semi di lino) e dall'acido linoleico (che come abbiamo visto può essere convertito in acido arachidonico ed originare quindi indirettamente anche PEG-2). Il discorso, comunque, non è così semplice, dato che dall'acido arachidonico originano non soltanto prostaglandine ad azione pro-infiammatoria, ma anche altre con effetto diametralmente opposto. In condizioni fisiologiche, l'acido arachidonico e gli ecosanoidi che da esso traggono origine espletano quindi un'azione regolatrice e di controllo sui processi infiammatori. Le prostaglandine prodotte nella via ciclo-ossigenasica, infatti, agiscono rapidamente sulle cellule in cui sono state sintetizzate e sui tessuti vicini, dopodichè vengono inattivate ed eliminate con le urine; in questo modo controllano l'infiammazione impedendo lo sviluppo di reazioni abnormi.
leucotrieni originati dalla via lipossigenasica, a causa dell'effetto broncocostrittore, sono implicati nella fisiopatologia dell'asma e dello shock anafilattico.

Apporto dietetico ed equilibrio nutrizionale

Dal momento che l'infiammazione è coinvolta nell'origine e nel mantenimento di molte condizioni morbose (artrite reumatoidecolite ulcerosa cronicalupus, malattia infiammatoria pelvica, aterosclerosi ecc.), si sono studiate strategie alimentari in grado di ridurre la sintesi di prostaglandine pro-infiammatorie a favore di quelle con azione antiflogistica. A tale scopo si consiglia di ridurre il consumo di oli vegetali e carni grasse, a favore del pesce e di alcuni oli particolari, come quello di lino e di canapa. Si consiglia inoltre di preferire i latticini magri e di limitare il consumo di uova, in modo particolare del tuorlo; allo stesso tempo queste fonti proteiche andrebbero sostituite in almeno un paio di occasioni settimanali con leguminose come lenticchie, ceci, fagioli e prodotti a base di soia. Così facendo è plausibile che nei fosfolipidi di membrana vengano incorporate maggiori quantità di acido eicosapentaenoico e docosaesaenoico (omega-tre) al posto dell'arachidonico. In presenza di un imput flogistico la risposta infiammatoria sarebbe quindi meno violenta.
L'obesità è una condizione pesantemente associata ad uno stato infiammatorio cronico dell'organismo, per cui in questi casi una dieta ipocalorica può essere indirettamente considerata anti-infiammatoria.
Recentemente l'importanza nutrizionale dell'acido arachidonico è stata ampiamente rivalutata in campo sportivo, al punto che oggi viene commercializzato come integratore destinato a massimizzare la crescita muscolare nei bodybuilders.


<p style="display: none;"><cite><a href="http://www.my-personaltrainer.it/nutrizione/acido-arachidonico.html">Acido arachidonico</a></cite> da http://www.my-personaltrainer.it/nutrizione/acido-arachidonico.html</p>

mercoledì 22 aprile 2015

Acido ialuronico: efficace anche per via orale?...

Acido ialuronico: efficace anche per via orale?

www.my-personaltrainer.it


L'acido ialuronico è un polisaccaride lineare ad alto peso molecolare, ampiamente presente nei tessuti connettivi degli organismi, uomo compreso. Si concentra soprattutto a livello del liquido sinoviale (che bagna le superfici articolari, preservandole dall'usura), della cartilagine, dell'umor vitreo dell'occhio e del cordone ombelicale.
Dal punto di vista chimico, l'acido ialuronico è costituito da una catena polisaccaridica lineare, prodotta dalla concatenazione di migliaia di unità disaccaridiche, legate mediante legame β-(1→4) e formate da residui di acido glucuronico ed N-acetilglucosammina, a loro volta legati da legami β-(1→3).
Acido ialuronico strutturaGrazie a questa sua particolare struttura chimica, l'acido ialuronico è in grado di legare a sè molte molecole di acqua, raggiungendo un elevato grado di idratazione. Per questo motivo, date le spiccate proprietà viscosizzanti, l'acido ialuronico è fondamentale per mantenere il giusto grado di idratazione, la turgidità, la plasticità e la viscosità della matrice extracellulare (ECM). Essendo in grado di incamerare moltissime molecole d'acqua, l'acido ialuronico è anche in grado di agire come ammortizzatore di shock meccanici e come efficiente lubrificante (ad es. nel liquido sinoviale), prevenendo il danneggiamento delle cellule del tessuto da stress fisici.
Grazie all'alto peso molecolare e all'alto grado di idratazione, l'acido ialuronico può organizzarsi in macromolecole, formando una struttura dinamica di tipo reticolare che riempie gli spazi tra le fibre di collagene; tale impalcatura mantiene la forma ed il tono del tessuto, e funziona da filtro fisico contro la diffusione di particolari sostanze, inclusi batteri ed agenti infettivi. Bisogna comunque notare che molti batteri possono degradare l'acido ialuronico, aprendosi un varco in questa struttura tridimensionale, grazie alla secrezione dell'enzima ialuronidasi.
Nella cartilagine l'acido ialuronico, legandosi ai proteoglicani, forma aggregati di notevoli dimensioni, risultando fondamentale per la stabilità della cartilagine stessa. Durante le infiammazioni articolari, la struttura dell'acido ialuronico viene aggredita da sostanze pro-infiammatorie (dotate di attività ialuronidasica), perdendo così non solo le caratteristiche strutturali, ma anche la sua funzionalità lubrificante e nutritiva. Tali alterazioni stanno alla base dei fenomeni degenerativi cartilaginei tipici dell'artrosi.

Impieghi terapeutici dell'acido ialuronico

Vista l'importanza dell'acido ialuronico per la salute delle articolazioni, questo polisaccaride viene comunemente utilizzato per infiltrazioni nel trattamento di processi infiammatori e malattie degenerative articolari. In questi casi il trattamento medico è finalizzato a sostituire localmente i fluidi sinoviali che riempiono le giunzioni osteoarticolari sofferenti, mediante infiltrazioni locali di acido ialuronico. A tale scopo, questo polisaccaride viene utilizzato come lubrificante antiflogistico e preservante del liquido sinoviale.
Iniezioni di acido ialuronico sono utilizzate anche in chirurgia e dermatologia estetica, per eliminare le rughe e prevenire l'invecchiamento della pelle, mentre l'industria cosmetica include l'acido ialuronico nei prodotti per il make-up e nelle creme idratanti ad azione anti-aging.
In oculistica, lacrime artificiali a base di acido ialuronico sono utilizzate per trarne sollievo in caso di occhio secco.
L'acido ialuronico viene sfruttato anche per il rilascio controllato di alcuni farmaci.

Acido ialuronico: efficace anche per via orale?

Vista l'importanza dell'acido ialuronico per la salute dell'organismo, e considerato l'inevitabile calo delle sue concentrazioni con l'invecchiamento (fatta 100 la percentuale presente nell'organismo a 20 anni, il valore scende a 65, 45 e 25 rispettivamente a 30, 50 e 60 anni), molte persone sono alla ricerca di un integratore che possa in qualche modo aumentare le concentrazioni di questo polisaccaride nei vari tessuti.
Per molto tempo l'integrazione di acido ialuronico è avvenuta in maniera indiretta, ricorrendo a supplementi di glucosamina, spesso abbinata a condroitina solfato, soprattutto per promuovere la salute delle articolazioni. Da qualche tempo, però, cominciano ad affacciarsi sul mercato integratori di acido ialuronico da assumersi per via orale. Questa possibilità è stata a lungo scartata, dal momento che i processi digestivi sembravano alterare irrimediabilmente la struttura dell'acido ialuronico, inattivandolo; inoltre, l'elevato peso molecolare rendeva poco plausibile l'ipotesi di un significativo assorbimento intestinale.
L'acido ialuronico abbonda particolarmente nelle creste del gallo e tale materiale è stato utilizzato per la preparazione di integratori specifici, che hanno dimostrato effetti positivi sul turgore e sull'idratazione della pelle, a testimonianza di una certa capacità di assorbimento intestinale dell'acido ialuronico introdotto per os. Si tenga presente che la maggior parte dell'acido ialuronico oggi presente sul mercato non è comunque di origine animale, ma viene prodotta per fermentazione batterica.
I primi studi sulla cinetica di digestione ed assorbimento dell'acido ialuronico suggeriscono la possibilità che venga spezzettato (idrolizzato) a livello gastrico ed intestinale; qui, grazie alla spiccata solubilità, alla struttura lineare e all'assenza di gruppi solfato, è plausibile che i frammenti di acido ialuronico vengano assorbiti senza particolare difficoltà, come del resto testimoniano vari esperimenti condotti su modelli murini. Dopo l'assorbimento, queste catene molecolari verrebbero in qualche modo ricomposte per dare acido ialuronico attraverso reazioni di sintesi interna.
In attesa che la letteratura si popoli di maggiori studi ed evidenze scientifiche sull'acido ialuronico assunto per via orale, è assai probabile che quella più commerciale lo dipinga ben presto come il nuovo integratore miracoloso del momento.


BIBLIOGRAFIA:

Huang SL, Ling PX, Zhang TM. Oral absorption of hyaluronic acid and phospholipids complexes in rats. World J Gastroenterol 2007;13(6):945-9.

JIANG Qiu-yan, LING Pei-xue, HUANG Si-ling, LIN Hong, ZHANG Tian-min(Division of Life Science and Technology, Ocean University of China, Qingdao 266003, China; School of Pharmacy, Shandong University, Jinan 250012, China); Study on absorption of hyaluronic acid after an oral administration in rats[J];Chinese Pharmaceutical Journal;2005-23.

Qiu-yan JIANG Pei-xue LING Tian-min ZHANG. Progress in Oral Administration of Hyaluronic Acid. Chinese Pharmaceutical Journal, 2006, 41(10): 729-731

<p style="display: none;"><cite><a href="http://www.my-personaltrainer.it/integratori/acido-ialuronico.html">Acido ialuronico: efficace anche per via orale?</a></cite> da http://www.my-personaltrainer.it/integratori/acido-ialuronico.html</p>


<p style="display: none;"><cite><a href="http://www.my-personaltrainer.it/integratori/acido-ialuronico.html">Acido ialuronico: efficace anche per via orale?</a></cite> da http://www.my-personaltrainer.it/integratori/acido-ialuronico.html</p>

domenica 19 aprile 2015

Farifrittata di primavera con cipollotti e asparagi...


Farifrittata di primavera con cipollotti e asparagi

IMG_6165

Ingredienti per 2/3 persone:
50 g farina di ceci
20 g farina di riso
20 g farina di mais fioretto
150 ml acqua fredda
1 cucchiaio di lievito alimentare in scaglie (opzionale)
2 cipollotti grandi
1 mazzetto di asparagi sottili
1 manciata di prezzemolo fresco
olio EVO, sale, pepe
IMG_6167
Preparate la pastella mescolando con una frusta le tre farine insieme, poi unite a poco a poco l’acqua e amalgamate bene in modo che non ci siano grumi. Lasciate riposare per almeno mezz’ora. Nel frattempo pulite e lessate gli asparagi interi in acqua leggermente salata. Affettate finemente i cipollotti (tutti interi, sia la parte bianca sia le foglie verdi) e fateli stufare in una padella antiaderente medio/grande insieme a un paio di cucchiai d’olio e una presa di sale. Quando saranno morbidi unite i gambi degli asparagi lessati tagliati a pezzetti (lasciate da parte le punte insieme ad un po’ di gambo) e fate insaporire. Lasciate intiepidire e unite i cipollotti e i gambi degli asparagi alla pastella di farine, aggiungete una presa di sale, una spruzzata di pepe, il prezzemolo tritato e, se volete, il lievito alimentare. Amalgamate bene l’impasto e versatelo nella stessa padella dove avete fatto stufare i cipollotti che sarà ancora unta d’olio, quindi non c’è bisogno di aggiungerne altro, o al massimo un goccino appena. Mi raccomando di scaldare benissimo la padella prima di versare l’impasto, uno dei segreti per una buona cottura e per evitare che si attacchi è proprio questo, la padella deve esse molto calda!
Disponete sopra le punte degli asparagi che avete lasciato da parte premendole leggermente e coprite con un coperchio lasciando cuocere a fuoco medio/basso. Dopo circa 10 minuti iniziate a staccare la frittata a poco a poco a partire dai bordi servendovi di una spatolina di plastica adatta lunga e flessibile (la stessa che si usa per le crepes). Quando vedete che è completamente staccata dal fondo, rigiratela servendovi di un piatto e fatela cuocere dall’altro lato per altri 5 o 10 minuti. Servite tiepida insieme ad fresca insalata.

venerdì 17 aprile 2015

Il radicchio , generalità e proprietà nutrizionali...

Il radicchio , generalità e proprietà  nutrizionali

Generalità sul radicchio

Col termine generico "radicchio" si è soliti indicare un alimento di origine vegetale color rosso, verde o variegato, caratterizzato dalla forma a cespo (aperta o chiusa, affusolata o a palla) e da un sapore tipicamente amaro.
Il radicchio è una verdura appartenente al VI e al VII gruppo di alimenti, giacché (con le dovute differenze legate alla varietà) contiene sia vitamina C, sia retinolo equivalenti (pro-vit. A - carotenoidi).
Molte varietà di radicchio, rosse e non, hanno acquisito la certificazione di Indicazione Geografica Protetta (IGP).

Radicchio


Dal punto di vista botanico, il radicchio è classificabile come un GRUPPO di verdure appartenenti alla Famiglia delle Asteraceae, Sottofamiglia Cichorioideae, Genere Cichorium; si tratta dunque di una cicoria. Sarebbe anche opportuno distinguere i radicchi della Specie intybus da quelli ottenuti dall'incrocio tra quest'ultima e la Specie endivia (ad es. radicchio variegato), ma in tal modo saremmo anche tenuti ad elencare tutte le varietà e le classificazioni botaniche di entrambi i filoni. Meglio concentrarci su argomenti pi vicini all'interesse collettivo.

"Radicchio" è quindi un termine semplificativo e volgare che indica varie "insalate amare" e che nulla ha a che vedere con la suddivisione scientifica delle piante in oggetto (poiché, rispettando quest'ultimo criterio, dovrebbero essere chiamate "cicoria"). Proviamo quindi ad elencare i più noti ortaggi che possono acquisire il nome di "radicchio":
  • Radicchio rosso: per radicchio rosso si intende una verdura pigmentata di color rubino o violaceo, appartenente a molte varietà, anche parecchio differenti per forma e provenienza ma tutte appartenenti al Genere Cichorium, Specie intybus. Tra i radicchi rossi più noti ricordiamo:
    • Radicchio rosso di Treviso, precoce e tardivo (forma allungata, con foglie strette e cespo semi-chiuso)
    • Radicchio Rosso di Chioggia (forma sferica e cespo chiuso)
    • Radicchio rosso di Verona (forma allungata, con foglie larghe e cespo chiuso).
  • Radicchio variegato: per radicchio variegato si intende un ortaggio di color verde-giallognolo puntinato in rosso-violaceo avente il cespo aperto; quello più noto e riconosciuto è di Castelfranco. Il radicchio variegato di Castelfranco è ottenuto dall'incrocio tra il rosso di Treviso e l'indivia scarola (anch'essa facente parte delle cicorie).
  • Radicchio verde: "radicchio verde" è un termine ancor più generico rispetto a quello rosso. Esso può essere utilizzato praticamente per tutte le varietà di cicoria verde AMARA (ad esclusione della cicoria catalogna e dell'indivia di Bruxelles, invece distinte per le caratteristiche morfologiche peculiari); le più note sono:
    • Radicchio verde pan di zucchero (forma allungata, con foglie larghe e cespo chiuso)
    • Radicchio verde selvatico o di campo (ce ne sono varietà differenti, alcune con foglia frastagliata, altre con foglia regolare; non formano un fitto cespo e rimangono di dimensioni più contenute).
Molte varietà di radicchio si classificano ulteriormente in precoci e tardive, variabile che ne diversifica il gusto e l'aroma. Quello di Treviso, ad esempio, è diverso anche per la forma stessa delle foglie, che dipende dalla tecnica colturale.

Proprietà nutrizionali del radicchio

Il radicchio è un ortaggio ricco di acquafibrevitamine e sali minerali. Quello verde sembra chimicamente più completo, grazie all'apporto considerevole di ferro, calcio, carotenoidi e vitamina C. Entrambi (nonostante manchi il valore del radicchio verde in tabella) rappresentano un'ottima fonte di potassio. Il radicchio apporta anche sostanze fenoliche (molecole antiossidanti) e fitosteroli (molecole ipocolesterolemizzanti). L'apporto energetico è irrisorio, poiché tutti e tre i macronutrienti energetici sono presenti in quantità non considerevoli. 

Valori nutrizionali (per 100 g di parte edibile)

Composizione nutrizionale del Radicchio rosso e del Radicchio verde - Valori di Riferimento delle Tabelle di Composizione degli Alimenti - INRAN

Radicchio Valori Nutrizionali

Radicchio rossoRadicchio verde
Parte edibile72.0%95.0%
Acqua94.0g88.1g
Proteine1.4g1.9g
Amminoacidi prevalenti--
Amminoacido limitante--
Lipidi TOT0.1g0.5g
Acidi grassi saturi- g- g
Acidi grassi monoinsaturi- g- g
Acidi grassi polinsaturi- g- g
Colesterolo0.0mg0.0mg
Carboidrati TOT1.6g0.5g
Zuccheri complessi0.0g0.0g
Zuccheri solubili1.6g0.5g
Fibra alimentare3.0gtr
Fibra solubile0.59g- g
Fibra insolubile2.37g- g
Energia13.0kcal14.0kcal
Sodio10.0mg- mg
Potassio240.0mg- mg
Ferro0.3mg7.8mg
Calcio36.0mg115.0mg
Fosforo30.0mg45.0mg
Tiamina0.07mg0.06mg
Riboflavina0.05mg0.53mg
Niacina0.30mg0.30mg
Vitamina Atr542.0µg
Vitamina C10.0mg46.0mg
Vitamina E- mg- mg

fonte : www.my-personaltrainer.it

<p style="display: none;"><cite><a href="http://www.my-personaltrainer.it/alimentazione/radicchio.html">Radicchio</a></cite> da http://www.my-personaltrainer.it/alimentazione/radicchio.html</p>

<p style="display: none;"><cite><a href="http://www.my-personaltrainer.it/alimentazione/radicchio.html">Radicchio</a></cite> da http://www.my-personaltrainer.it/alimentazione/radicchio.html</p>

martedì 14 aprile 2015

Ecco perché il caffè fa male, può essere considerato un vero e proprio farmaco...


Ecco perché il caffè  fa male, può essere considerato un vero e proprio farmaco 


cbZbdT9e
Una delle abitudini più sane che possiamo avere è quella di gestire lo zucchero nel sangue, riducendo le cause che spingono il livello glicemico verso l’alto. Se ti dicessi che il caffè è una di queste? Sai perché succede? Al suo interno ha un’incredibile collezione di composti biologicamente attivi. Come ogni sostanza alimentare simile, ha effetti di larga portata sul nostro organismo.

Motivi per smettere di bere caffè, ecco perché evitarlo

  • La caffeina aumenta gli ormoni dello stress, aumentando di conseguenza l’auto-generazione di insulina. Questa aumenta il rischio di infiammazioni e ti fa sentire come fossi uno straccio. La caffeina inoltre inibisce un enzima necessario a mantenere l’equilibrio ottimale degli eicosanoidi, ecco perché è un grande nemico ormonale: alti livelli di insulina alterano completamente l’equilibrio estrogenico, sconvolgendo il quadro ormonale femminile in modo continuativo, se beviamo caffè ogni giorno.
  • L’assuefazione alla caffeina riduce la sensibilità all’insulina e rende difficile il lavoro delle cellule che non riescono a bilanciare lo zucchero nel sangue. E come ben sai, gli alti livelli di zucchero portano al deterioramento delle arterie e a varie malattie cardiovascolari.
  • Se pensi che il caffè filtrato abbia un più alto livello di antiossidanti, hai ragione, ma contribuisce anche a un maggior rilasciamento di diterpeni. Che cosa sono? Sono collegati agli alti livelli di colesterolo e trigliceridi.
  • Il caffè è mutageno. Una tazzina contiene 250 mg di pericolose sostanze mutagene e altamente tossiche come l’acido clorenico, l’actractylasides, il glutathione transferase inducers, causa di mutazioni genetiche (rotture molecolari del Dna) che portano al cancro.
  • Il caffè è cancerogeno per il suo materiale combusto e per il contenuto in methilglyoxal (mutagenic pyrolisis product), la sua tostatura inoltre produce acrilammide nota sostanza cancerogena.
  • Il caffè contiene caffeina, uno tra i 20 veleni più pericolosi del pianeta, un alcaloide tossico che irrita il sistema nervoso, sbilancia il sistema simpatico e causa aritmie cardiache.
  • Gli utili acidi clorogenici che possono ritardare l’assorbimento del glucosio nell’intestino hanno anche dimostrato di essere in grado di aumentare i livelli di omocisteina la quale indica un elevato rischio di malattie cardiovascolari. Secondo il Dottor Sinatra, noto cardiologo, anche piccoli dosaggi di caffeina possono modificare in modo permanente il ritmo cardiaco in soggetti sani, ma sensibili a questa sostanza, soprattutto in presenza di un fegato che necessita di essere ripulito in quanto non svolge la fase due della depurazione in modo salubre, rimettendo in circolo le tossine della caffeina.
  • Il caffè è carico di acido ossalico che vincola e sequestra il calcio, e causa calcoli ai reni e in altre parti del corpo.
  • Il caffè è carico di acido urico. Acidifica il corpo e causa osteoporosi. Sovverte la digestione e il sonno.
  • Il caffè, sia a pasto che dopo pasto, fa da innaturale acceleratore digestivo causando malassorbimento degli alimenti e rallentamento della peristalsi intestinale.
  • Il latte nel caffè è un ulteriore errore alimentare, col tannino del caffè che va in fermentazione e causa irritazioni intestinali.
  • Il caffè e torrefatto ed amaro. Corrompe l’alito, ingiallisce i denti, irrita lo stomaco e danneggia il fegato. Come se non bastasse, ha effetti distruttivi sul sistema renale.
  • L’acidità da caffè è associata a disturbi digestivi, bruciore di stomaco e squilibri della flora intestinale.
  • Il caffè è una droga che causa assuefazione e crisi di astinenza.
  • Dipendenze associate al caffè. Ti faccio un esempio: chi di noi quando prende il caffè non ha in testa l’immagine di una crema, di un dolce o di una zolletta di zucchero?
  • Elevata escrezione di minerali tramite le vie urinarie: calcio, magnesio e potassio. Questo stato di squilibrio nel tuo stato elettrolitico può portare a gravi complicazioni. Vale la pena rischiare per una tazza di caffè?
  • Una tazza di caffè mette 21 ore per passare attraverso i reni e il sistema urinario. Bastano 8 tazzine al giorno per fare di una persona sana un cliente probabile alla dialisi e al trapianto.
  • Le sostanze contenute nel caffè possono interferire con il normale assorbimento dei farmaci, rendendo difficile il regolare processo di disintossicazione nel fegato. Un altro problema da tenere a mente è come alcuni farmaci antidepressivi vengono scarsamente assorbiti.
  • Chi beve molto caffè rischia di far schizzare in alto i livelli di serotonina. Questa è necessaria per il sonno, le funzioni intestinali, l’umore e l’energia. È un circolo vizioso. La caffeina disturba il sonno, quindi promuove l’ansia e la depressione. Questo perché se ti senti stanco, la prima cosa che ti viene in mente di fare è… prendere un caffè.
  • Il caffè è teratogeno, per cui causa difetti genetici alla futura prole, le donne che vogliono un figlio e le donne che allattano, dovrebbe essere consigliato di ridurre il consumo di caffè nello stesso modo come l’alcool o tabacco. Uno studio nel Regno Unito ha verificato che la fertilità diminuisce quando una donna beve più di sei tazze al giorno. Nella madre, la caffeina ad alto dosaggio può aumentare il rischio di aborto spontaneo, anche se non spiegazione biologica del fenomeno am questo è quanto è stato osservato. Tanto che la maggior parte dei ricercatori consigliano le madri a non prendere più di250 mg di caffeina al giorno, l’equivalente più o meno di due tazzine e mezzo.
  • Il caffè produce una restrizione dei vasi sanguigni, alta pressione, irregolare circolazione coronarica, insufficienza renale, ulcere gastriche, irrequietezza, sonni agitati, sconvolgimenti nel glucosio del sangue (spinge il pancreas a secernere più insulina).
  • Anche il caffè decaffeinato crea disturbi gastrici.
IL CAFFE’ DAL PUNTO DI VISTA FARMACOLOGICO
NON ESAGERO SE IL CAFFE’ LO PARAGONO A UN FARMACO O MEGLIO A UNA METILXANTINA
La caffeina è la sostanza alcaloide contenuta nei chicchi di caffè. E’ molto simile alla teobromina, la sostanza alcaloide contenuta nel cacao, e alla teofillina, l’alcaloide delle foglie di tè.
Questi tre alcaloidi, molto diffusi nel mondo vegetale, vengono chiamati xantine perché hanno una struttura molecolare che si può pensare derivata dalla xantina. Il termine xantina deriva dal greco xanthos, che significa giallo.
.
La caffeina, la teobromina e la teofillina sono xantine legate a gruppi metilici e quindi vengono denominate metil-xantine.
La caffeina è 1,3,7-trimetil-xantina, la teobromina è 3,7-dimetil-xantina, la teofillina è 1,3-dimetil-xantina.
La caffeina è poco solubile in acqua, alcol, etere e acetone. E’ molto solubile in cloroformio, acetato di etile e tetraidrofurano. In soluzione acquosa ha pH neutro, i suoi cristalli sono bianchi, inodori, con sapore amaro e hanno punto di fusione tra 234 e 239°C.
                                                    FARMACOCINETICA E METABOLISMOLa caffeina viene ben assorbita per via orale, con un picco plasmatico massimo dopo 120 minuti. Si distribuisce rapidamente su tutti i tessuti, attraversando la barriera ematoencefalica e la placenta. Può essere presente nel latte materno e quindi particolari precauzioni devono essere prese in caso di gravidanza ed allattamento.
L’assunzione di 100 mg di caffeina porta a concentrazioni plasmatiche comprese tra 1,5 e 1,8 m g/ml.
L’eliminazione della caffeina dall’organismo avviene dopo metabolizzazione epatica con produzione di acido 1-metilurico, 1-metilaxantina e 7-metilxantina.
Circa il 10% viene eliminato sempre per via renale come caffeina immodificata. Principale responsabile del metabolismo della caffeina è il pool enzimatico del citocromo p-450 A2 di cui le cellule epatiche sono particolarmente ricche. L’emivita della caffeina è di 2,5 – 4,5 ore nell’adulto, e si prolunga notevolmente nel neonato a causa dell’immaturità del suo sistema enzimatico. Vari fattori possono ancora influenzare l’emivita della molecola, fra tutti lo stato di gravidanza.
Non va dimenticato inoltre che l’assunzione di alcool o farmaci quali contraccettivi, cimetidina, disulfiram e allopurinolo tendono a prolungarla, mentre il fumo la diminuisce poiché accelera il metabolismo epatico.
MECCANISMO D’AZIONE
Gli effetti della caffeina si manifestano con azione stimolante sul Sistema Nervoso Centrale, sull’apparatocardiovascolare, sul rilascio delle catecolamine, sulla sintesi acida a livello gastrico e sul metabolismo in generale.L’effetto della caffeina è biologicamente mediato dall’aumento di AMP ciclico (adenosina 5’-monofosfato ciclico) con un’azione combinata su due livelli:
1) Aumento della sintesi di AMPc:la caffeina blocca l’inibitore dell’enzima adenilato-ciclasi che trasforma ATP in AMPc
2) Rallentamento della degradazione di AMPc:la caffeina inibisce l’enzima fosfodiesterasi, che trasforma AMPciclico in AMP.
Le due reazioni si svolgono in sequenza secondo il seguente shema:
Inoltre, la caffeina interferisce con l’azione di vari neurotrasmettitori quali serotoninacatecolamine,dopamina e alcuni aminoacidi.
Gli effetti psicotropi sono controversi poiché dosi minori di 500 mg manifestano sensazioni piacevoli con aumento dello stato di sveglia, di allerta, della capacità di concentrazione e miglioramento generico dell’efficienza fisica e mentale. Al contrario, dosi maggiori inducono agitazione, tremori, nausea, irrequietezza, performance discontinua e diuresi. Questi sono dovuti all’inibizione dei recettori benzodiazepinici da parte della sola caffeina dotata di un grado di lipofilia maggiore dei suoi metabolici e tale da permetterle di attraversare la barriera ematoencefalica più facilmente. Sulla muscolatura scheletrica la caffeina ha effetto contrattile, stimolando il rilascio di Ca2+ nel reticolo sarcoplasmatico per interazione con i recettori rianodici (Rg R1): per questa sua azione è usata nel protocollo europeo per la diagnosi dell’ipertemia maligna, grave sindrome farmacogenetica. La stimolazione di recettori analoghi (Rg R2) presenti a livello cardiaco, e la contemporanea inibizione della fosfodiesterasi, giustificano l’azione cardiostimolante, che ad alte dosi può causare però aritmie, tachicardia e fibrillazione ventricolare. Caffeina e paraxantina sono in grado influenzare la pressione arteriosa perché aumentano la resistenza vascolare sistemica mediante blocco dei recettori adenosinici con effetto contrattile; per ogni tazza di caffè, la pressione sistolica aumenta di 0.8 mmHg, mentre quella diastolica di 0.5 mmHg. La caffeina viene impiegata contro l’emicrania per facilitare l’assorbimento e potenziare l’attività dell’ergotamina, la quale induce vasocostrizione e riduzione del flusso sanguigno extracranico, coinvolgendo i ricettori serotoninergici. Ulteriore conseguenza del blocco delle azioni della adenosina è l’effetto antidolorifico. La caffeina è in grado di ridurre il rilascio di mediatori dolorifici indotto dall’adenosina a livello delle terminazioni nervose ed è capace di attivare le vie noradrenalinergiche, che svolgono azione soppressiva sul dolore, e di stimolare il sistema nervoso riducendo la componente affettiva nell’elaborazione della stimolazione. Infine la caffeina stimola la secrezione acida a livello gastrico per azione sui recettori H2: per questo motivo essa andrebbe evitata nei soggetti predisposti all’ulcera
     TOSSICITA’ ACUTA E CRONICA

Per quanto concerne la tossicità acuta si possono rilevare effetti letali a breve termine, a seguito di assunzioni comprese tra 1 e 5 g di caffeina, che sono in grado di indurre concentrazioni plasmatiche superiori a 80 m g/ml. Segni di intossicazione si manifestano con assunzioni attorno ai 250 mg, mentre dosaggi più alti (650 mg), causano la sindrome del “caffeinismo”, caratterizzata da ansietà, irrequietezza e disordini nel sonno molto simile allo stato ansioso da stress. Questo tipo di manifestazioni ansiosa comincia a farsi notare già a concentrazioni plasmatiche di 30 m g/ml a seguito di assunzioni di 1 g di caffeina.
L’assunzione prolungata di quantità moderate di caffeina non ha evidenziato effetti tossici. Inoltre, pazienti con ipertensione conclamata non hanno dichiarato modificazioni collegabili al consumo di caffè, né sono stati confermati maggiori rischi di infarto al miocardio. La caffeina non risulta influenzare il decorso di gravidanze o il peso del nascituro, né induce malformazioni genetiche. Manifestazioni di tossicità cronicapossono manifestarsi in caso di consumo protratto di caffè in associazione al fumo di sigaretta o all’alcool, dal momento che questi ultimi modulano le caratteristiche farmacocinetiche della caffeina. È pertanto difficile stabilire se gli effetti siano indotti esclusivamente dalla base xantinica o da altri fattori. Non è stata finora dimostrata alcuna relazione con l’insorgenza di tumori al pancreas e al colon, ma anzi è stato ipotizzato un possibile effetto protettivo a livello intestinale. Gli effetti della caffeina sulle vie urinali e sulla mammella sono controversi, dal momento che i dati disponibili non dimostrano una chiara indicazione di casualità con il tumore alla vescica o la malattia fibrocistica della mammella.

Forse non lo sai, ma il caffè ha anche una funzione diuretica. Ciò significa che è in grado di eliminare l’acqua dal corpo. Per questo, però, è possibile sostituirlo con alternative naturali che sicuramente non ti creano alcun problema. Ma quali sono? Qui di seguito te ne presento alcune!
smettere di bere caffè alternative naturali
  • Caffè alle erbe senza caffeina
Si tratta di un diversivo molto popolare tra chi ha deciso di fare a meno del caffè normale, perché ha un gusto molto simile con la differenza che è privo di caffeina. È un insieme di orzo, noci e altri sapori. Per una colazione sana lo puoi mescolare con il latte di soia o con il miele.
  • Tè verde
Al suo interno contiene meno caffeina di una tazza di caffè, ma è sufficiente per darti una bella spinta senza cadere nel nervosismo. È ricco di antiossidanti che non fanno mai male!
  • Tè di liquirizia
Niente caffeina, ma totale supporto alle ghiandole surrenali sovraccariche, gli organi che rispondono allo stress. La liquirizia è tonica e tende a darti una forte carica di energia. In aggiunta, ha un ottimo sapore!
  • Succo d’erba
Un vero e proprio stimolatore naturale. Contiene vitamine, minerali e sostanze nutritive. È facile da digerire e si assimila rapidamente. Fornisce un supplemento di energia da bere da solo o in aggiunta a qualche altra bevanda proteica.
  • Tè di funghi
Sì, sto dicendo sul serio. I funghi sotto forma di tè sono un’alternativa del tutto unica e gradevole al caffè. Tipica bevanda cinese, si crea tritando i funghi Reihi in acqua. Porti a ebollizione e, dopo una trentina di minuti, potrai bere la tua bevanda.
  • Caffè di Cicoria 
La radice di cicoria contiene inulina, una fibra solubile spesso aggiunta ai prodotti a base di fermenti lattici compresi i probiotici, utilizzata per favorire il riequilibrio della flora batterica intestinale.
RICORDIAMO PER NON CREARE ALLARMISMI CHE E’ SEMPRE LA DOSE A FARE IL VELENO !
FONTE: 
  • http://www.pianetachimica.it/didattica/caffeina/caffeina.htm
  • http://www.curarsialnaturale.it/smettere-di-bere-caffe-alternative-naturali-17895.html

N.B.: Le informazioni fornite su questa pagina hanno scopo puramente informativo; esse non possono sostituire in alcun modo le prescrizioni di un medico naturopata.