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giovedì 29 ottobre 2015

IL SECONDO CERVELLO: SISTEMA NERVOSO ENTERICO, DISBIOSI, STRESS...

IL SECONDO CERVELLO: SISTEMA NERVOSO ENTERICO, DISBIOSI, STRESS


Tra intestino e cervello esiste un collegamento strettissimo, primariamente per una ragione: nell’intestino si trova una rete nervosa molto complessa composta da oltre cento milioni di neuroni che gestiscono le attività intestinali e che si collegano al cervello tramite il sistema nervoso vegetativo


Tra intestino e cervello esiste un collegamento strettissimo, primariamente per una ragione: nell’ intestino si trova una rete nervosa molto complessa composta da oltre cento milioni di neuroni che gestiscono le attività intestinali e che si collegano al cervello tramite il sistema nervoso vegetativo.  Questa rete nervosa intestinale, per le sue dimensioni e per le sue modalità di funzionamento e stata più recentemente denominata “secondo cervello”.Questo secondo cervello si trova nella parete dell’intestino ed è costituito da due plessi di tessuto nervoso. 

Il primo a parlare dell’esistenza di un “cervello nella pancia” è stato il neurobiologo Michael D. Gershon nel 1998 quando ha pubblicato il risultato di 30 anni di ricerche nel libro “Il secondo cervello”.In meno di un decennio si è affermata l’idea che l’intestino è un organo“intelligente” con capacità di associazione e coordinazione proprie e le ricerche condotte hanno caratterizzato sia morfologicamente che funzionalmente alcuni dei neuroni presenti nella parete intestinale. 

Autonomia di funzionamento non vuol dire però che il cervello enterico sia completamente autarchico: la relazione tra i due cervelli prosegue senza sosta in entrambe le direzioni. E’ noto infatti quanto possano pesare lo stress e le emozioni negative sulla salute dello stomaco e dell’intestino. Il primo cervello può alterare il normale funzionamento del secondo, interferire con i suoi ritmi e per questa via disturbare la peristalsi, la produzione di acidi, enzimi, di ormoni, di citochine.


Ma è vero anche il contrario. Stando all’ anatomia le connessioni che dal cervello enterico vanno a quello centrale sono più numerose di quelle che fanno il viaggio inverso. Questo vuol dire che disordini intestinali possono produrre il loro effetto sul cervello centrale! A predominare tra i neurotrasmettitori nel rapporto tra primo e secondo cervello è sicuramente la serotonina, una molecola nota ai più per il suo legame con la depressione. Quasi il 95% della serotonina del nostro organismo viene prodotta dalle cellule dell’intestino. Nella pancia questa molecola serve a iniziare il riflesso peristaltico e a mantenere il tono vascolare, e quindi a regolare i movimenti e l’attività digestiva.
Allo stesso tempo serve come segnale al cervello: invia segnali positivi, come la sazietà, o negativi, come la nausea.
In caso di infiammazione intestinale si produce un eccesso di serotonina che colma i sistemi di riassorbimento e desensibilizza i recettori: questo può causare un blocco della peristalsi. Allo stesso tempo l’infiammazione attiva enormemente l’enzima che demolisce la serotonina e quindi si può avere, nel tempo, a livello cerebrale, un forte deficit della molecola con conseguente depressione.
Infiammazione, alterazione intestinale e depressione possono quindi essere manifestazioni dello stesso processo.

Nel 1971 Richard J. Wurtman, direttore del centro di ricerche cliniche del MIT (Massachussetts Institute of Technology), in collaborazione con il neuropsichiatra John Fernstrom, pubblicò su Science il primo lavoro che dimostrò che la serotonina cerebrale dipende dalla disponibilità del suo precursore triptofano e che quest’ultimo passa nel cervello in quantità superiori se il pasto è ricco di carboidrati e povero di proteine. A prima vista ciò appare una stranezza, visto che anche le proteine animali contengono una buona quantità dell’aminoacido.
A impedire il passaggio di triptofano nel cervello è la concorrenza tra questo aminoacido e quelli più grandi (tirosina, valina, metionina, ecc…). Tra il triptofano e gli altri si realizza una competizione per occupare lo stesso recettore in direzione delle cellule nervose: se i competitori sono in numero superiore i posti sui recettori vengono occupati da loro e il triptofano resta “al di qua” della barriera ematoencefalica. Il rapporto tra il triptofano e gli altri è maggiore nel caso di una pasto ricco di carboidrati in quanto l’insulina, che viene attivata dalla presenza di carboidrati, fa diminuire la concentrazione dei competitori. 
Carboidrati non vuol dire naturalmente solo pasta e dolci, ma anche frutta e verdura, la cui importanza per il mantenimento di un buon umore, deriva dalla loro ricchezza in acido folico, che a sua volta determina la presenza di un fondamentale antidepressivo endogeno, la s-adenosil-metionina. Tra gli altri esempi possibili, e riconducendo più strettamente la trattazione al concetto di“stress”, è possibile parlare del rapporto tra stress cronico e aumento del peso. 
Sembrerebbe confermato che lo stress cronico, con l’incremento di cortisolo, induce obesità con una pluralità di meccanismi, di cui verrà scritto in dettaglio. Lo stress cronico comporta un aumento del livello di cortisolo da parte delle ghiandole surrenali. Questo ormone di per sé fa ingrassare, ma stimola anche il rilascio di dopamina dal cervello, che rinforza positivamente la reazione di stress. Il rilascio di dopamina è anche fortemente stimolato dall’ assunzione di cibo, in particolare da carboidrati e grassi. 
Si innesca così un circolo vizioso per cui la persona stressata ricerca cibo ad alto contenuto di zuccheri e grassi come conforto verso l’iperattivazione del sistema dello stress e di quello del piacere.
Le persone sottoposte ad uno stress cronico quindi tendono a incrementare  la ricerca di cibi.

Oltre che con il primo cervello, il secondo cervello è in collegamento con il resto dell’organismo anche attraverso il sistema immunitario. La costruzione della microflora intestinale avviene ognuno di noi al momento del parto, quando il neonato viene a contatto con la flora batterica materna e prosegue nel corso dell’allattamento al seno. Col tempo, la flora del nostro intestino viene continuamente a contatto con microorganismi ingeriti con il cibo verso cui, una volta che si è pienamente insediata (e ciò avviene attorno al terzo anno di vita), manifesta la propria ostilità. La flora microbica autoctona è in grado di produrre una seria resistenza alla colonizzazione da parte di serie microbiche esogene. Questa resistenza è potenziata dall’ attività del sistema immunitario muco-nasale
Questo equilibrio può essere disturbato per vari motivi al punto tale che l’organismo entra in uno stato di disbiosi (da dis-bios, opposto alla vita), il cui trattamento costituisce uno dei concetti cardine della filosofia e della pratica del naturopata. Negli stati di disbiosi un ruolo chiave lo posseggono i probiotici, ovvero specifici ceppi di microorganismi, in particolar modo lactobacilli e bifidobatteri in grado di colonizzare la flora intestinale con effetti positivi sulla salute in quanto hanno come bersaglio privilegiato il sistema immunitario.Sembra inoltre che i probiotici non aumentino solamente la risposta immunitaria ma promuovano la tolleranza.
I bifido batteri costituiscono la “famiglia” più vasta di probiotici ed anche i più importanti batteri amici attivi nell’intestino tenue degli adulti in buona salute e dei bambini che siano stati, come abbiamo detto più sopra, allattati al seno. Questi batteri possono fisiologicamente diminuire con l’età o quando lo stato di salute inizia a declinare.
Le cause più comuni di distruzione dei bifidobatteri sono:
· Disbiosi da vaccinazioni
· Disbiosi da infezioni
· Repentini cambiamenti di dieta
· Carenze immunitarie
· Variazioni climatiche
· Uso di antibiotici
· Esposizione a radiazioni
· Stress 
In tutti questi casi diventa indispensabile mantenere una corretta integrazione di probiotici, dopo aver corretto l’alimentazione; agire in questo senso ci preserva da condizioni di disbiosi e permette un rapido recupero dello stato di benessere generale. 


fonte :curenaturali.it

giovedì 16 luglio 2015

Prevenire la comparsa dei capelli bianchi attraverso l’alimentazione...

Prevenire la comparsa dei capelli bianchi attraverso l’alimentazione


I capelli bianchi sono il frutto di un processo naturale di invecchiamento. Spesso, però, la loro precoce comparsa può essere collegata a fattori che non dipendono né dall’età, né da eredità genetica. In quei casi possiamo bloccarne il proliferare, intervenendo attraverso l’alimentazione.
La comparsa dei capelli bianchi non è sempre legata a un processo naturale di invecchiamento. Sono sempre di più, infatti, i giovani che lamentano questo problema che può avere alla base carenze alimentari, l’assunzione di particolari farmaci, o un periodo di stress eccessivo. Lo stress, in particolare, sembra che influenzi il modo in cui il nostro organismo sintetizza le vitamine e i minerali essenziali non solo alla salute delle nostre chiome, ma anche e soprattutto a quella del nostro corpo.
In questi casi si può intervenire adottando uno stile di vita sano, basato su un regime alimentare che integri tutti i costituenti necessari a fare star meglio noi e i nostri capelli. Non solo per una questione estetica, dunque, ma anche e soprattutto per una questione salutistica.
Perché i capelli diventano bianchi
Partiamo innanzitutto spiegando perché i nostri capelli si tingono di bianco quando non dovrebbero. Secondo alcuni la spiegazione sarebbe da ricercare nel perossido di idrogeno. I follicoli, in periodi di forte stress, eccedono nella produzione di questa sostanza, limitando, invece, la produzione di catalasi, un particolare enzima antiossidante che garantisce lo smaltimento del perossido. In condizioni del genere si crea una sorta di stress ossidativo che favorisce non solo l’aumento dei capelli bianchi, ma anche la loro caduta e numerose malattie della pelle.
Quali alimenti scegliere
Ecco allora che accorre in nostro aiuto la natura. Esiste tutta una serie di alimenti che ci possono aiutare a reintegrare le sostanze essenziali per la salute delle nostre chiome. Ecco quali:
  • Proteine. Il 90% dei nostri capelli è costituito da proteine. Reintegrarle in una dieta equilibrata non può che far bene alla nostra testa. In questo caso, possiamo affidarci al consumo di legumi e uova.
  • Rame. Il rame è un elemento fondamentale a raggiungere il nostro scopo, perché aiuta il nostro organismo nella produzione di melanina. I capelli bianchi, infatti, crescono anche perché i follicoli smettono di produrre melanina, necessaria a colorare le nostre chiome. Per evitare che ciò avvenga prima del tempo, possiamo decidere di introdurre nella nostra dieta: lenticchie, arachidi, mandorle, spinaci, cime di rapa e funghi.

  • Uomo: capelli bianchi Tinte e soluzioni
  • Selenio. Anche il selenio è una sostanza fondamentale per evitare il proliferare dei capelli bianchi: è infatti la principale risorsa per la produzione di ormoni che combattono i radicali liberi, causa dell’invecchiamento della pelle e soprattutto dei capelli. Via libera allora a pesce, germe di grano e uva.
  • Vitamine del gruppo B. Biotina e acido folico sono due elementi essenziali per la corretta crescita dei nostri capelli. Spesso, il problema di una precoce comparsa dei capelli bianchi può essere dovuta proprio alla carenza nell’organismo di queste sostanze. Come integrarle? Attraverso l’assunzione di alimenti che contengono vitamine del gruppo B. Stiamo parlando di cereali, pasta, vegetali a foglia larga e riso integrale.
  • Antiossidanti. Come dimenticare gli antiossidanti? Gli antiossidanti contrastano non solo l’invecchiamento dei capelli, ma anche quello di tutto il nostro organismo. Scegliamo quindi alimenti che contengano vitamine C, E e A come vegetali di colore giallo-arancio, vegetali verdi, frutta e ortaggi di colore rosso/arancione, patate, noci, uova e germe di grano.

Come diciamo sempre, la natura ci mette a disposizione tutto il necessario per curare il nostro organismo, in questo caso specifico, anche per evitare la comparsa precoce dei capelli bianchi. Il consiglio migliore, quindi, è sempre adottare uno stile di vita sano, prestando attenzione a tavola e svolgendo una corretta e costante attività fisica.
(Foto: Utente Flickr Helga Weber)

lunedì 23 marzo 2015

emozioni e salute si leggono in faccia...

Ti sei mai chiesto/a perché ti rimangono le occhiaie anche se dormi 10 ore a notte? O perché quando sei stressato/a ti vengono dei brufoletti sempre nello stesso punto del volto? E quelle macchieeczemi o rossore che proprio non si spiegano? Hai provato mille creme e trucchi della nonna? Finalmente hai trovato la spiegazione… continua a leggere!
Sono tutti segni che il tuo corpo ti sta dando… e se sai come decifrarlipuoi agire dove serve! E capire cosa c’è veramente che non va. L’analisi del volto di solito ci viene chiesta dal punto di vista dell’espressione dell’emozioni, di come si manifestano nella relazione con le persone per svelare chi mente, quali argomenti veramente interessano, che reazione stiamo suscitando negli altri; faremo prossimamente un articolo sul tema, sappiamo dai feedback dei nostri corsisti quanto sia interessante e utile! In questo caso parliamo, invece, di come il corpo si alteri a causa di ‘sofferenze’ prolungate. Si può trattare di organi interni affaticati da una cattiva alimentazione, dallo stress, dal fare le cose contro voglia, ecc.
La lettura dei segnali del volto è una scienza poco nota ma dilunga tradizione: la medicina greca, quella ayurvedica, la medicina cinese prima di tutti l’hanno studiata. Oggi leneuroscienze hanno dimostrato la validità di quasi tutte le indicazioni fornite da queste discipline e qui vi forniremo la sintesi per noi più efficace.
Ogni area del viso ha un preciso significato, è collegata neurologicamente, vascolarmente ed energeticamente con organi specifici e soggetta a determinati neurotrasmettitori, ormoni e altri “messaggeri” interni. Vi proponiamo due letture, attraverso altrettante rappresentazioni grafiche: la prima riguarda la connessione tra zone della faccia e “organi affaticati”, la seconda è relativa al tipo di emozione di cui “stiamo abusando”.
Facciamo un esempio per capire come funziona: riscontriamo di avere sempre le occhiaie troppo marcate nonostante stiamo dormendo abbastanza; la prima mappa del volto ci dice che è l’area dei reni, quindi possiamo domandarci se stiamo bevendo troppo poco o mangiando troppa carne ad esempio. La seconda mappa ci dice che è l’area dello stress, allora forse dobbiamo ridurre il carico di lavoro, le pressioni con cui viviamo o qualunque altro fattore ci stia logorando in modo continuativo. Una mappa non esclude l’altra: è possibile sia che siamo disidratati sia che siamo stressati. Facciamo allora qualche modifica e vediamo nei giorni successivi cosa succede.
Mi raccomando, concedete al vostro corpo dei tempi di recupero adeguati! Se siete stressati al lavoro da due giorni recupererete in fretta e già in due giorni vedrete il vostro viso cambiare; se il vostro fegato è sovraccarico da un anno di cibi fritti ci vorranno almeno 3-6 mesi per vedere i primi risultati… ma ne vale sempre la pena!
Facciamo un altro esempio: vi capita che compaiano dei brufoli o delle escoriazioni ai lati della bocca e, in particolare tra i lati della bocca e il mento. Dalla prima mappa capiamo che è la zona in cui esprime il suo disagio il colon, quindi potremmo avere un’infiammazione tipo colite o la disbiosi. In entrambi i casi possiamo provare a ridurre tutti i cibi che irritano il colon: caffè, carne rossa, zucchero bianco, alcool e lieviti. Dal punto di vista emotivo è l’area della preoccupazione, che mostra segnali che da troppo tempo siamo in pena per qualcosa o qualcuno. Possiamo allora concentrarci per trovare nuove modalità di controllo o soluzioni per questa situazione che ci sta logorando, senza più procrastinare.
Ecco la mappa degli organi

Ed ecco quella delle emozioni

ora avete uno strumento in più per capirvi, curvarvi e… fare le scelte di vita giuste!!

fonte : www.realwayoflife.com